Tra schemi e numeri
—I critici più accaniti denunciano: Palladino non ha mai dato un gioco. In effetti l’unico vero schema di gioco che ha funzionato è stato: palla a Kean. Il centravanti ha realizzato in campionato 19 gol (vicecapocannoniere) su 32 partite con una percentuale che sfiora il 60%. Per il resto la squadra ha una differenza gol fatti gol subiti di 19 contro i 21 della Roma (Europa League) i 23 della Juventus (Champions). Infine rispetto alla scorsa stagione la Fiorentina ha fatto 5 punti in più con una migliore differenza reti (19 contro 15). Come dire che i numeri supportano il giudizio positivo.
Programmi e ambizioni
—Ma lasciamo i numeri a Vinciguerra che è molto più bravo. La domanda è: qual era il programma della stagione? La parola d’ordine fu “ambizione”. Il programma? Far meglio ed emergere finalmente dal “medio-alto” per andare nel calcio che conta. Gli acquisti di Ken e di De Gea sono stati piccoli capolavori di mercato. Ma anche l’arrivo di Cataldi, di Gosens e di Fagioli (purtroppo c’è stato l’incidente di Bove) sono stati positivi. Quello che, però, doveva fare la differenza era Albert Gudmumson. L’islandese purtroppo è restato nell’ombra. Le cause? Forse i postumi delle sue vicende personali, forse il suo carattere, certo un rapporto “non ideale” con Palladino. Ma andiamo avanti. Le statistiche dicono che Il tecnico napoletano (ottimo da giocatore) ha in carriera una percentuale di vittorie che supera di poco il 40%, e dovendo giudicare da fuori, non sembra abbia un carattere facilissimo. Si cominciò con la polemica della difesa a tre. “Volle, fortissimamente volle” l’ingaggio di Colpani, con Pongracic c’è stato da ridire, con Biraghi la vicenda si è conclusa con la partenza dell’ex capitano viola.
Ma come si dice: è la somma che dà il totale. La Fiorentina anno scorso finì all’ottavo posto e andò in Conference, quest’anno con una squadra certo meglio assortita di quella a disposizione di Italiano è finita sesta a pari merito ed è in Conference. Qualunque scelta tecnica che una società compie, nondimeno quella del tecnico, contiene anche un messaggio implicito. Se De Laurentiis finisce con Conte chiamerà Allegri, significa che le ambizioni non calano. A proposito di Fiorentina francamente mi sfugge l’ambizione
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