Tanti giocatori comprati, tanti soldi spesi, tanti errori. Il suo capolavoro resta la squadra costruita nel 2012 con Macia, quella del primo Montella. Poi le delusioni superano le gioie.
Pradè non si dimette, almeno per ora. Anche il dirigente viola sa benissimo che il suo tempo a Firenze è scaduto, dieci anni passati fra i Della Valle e Commisso sono tanti. Troppi. Tanto più che negli almanacchi restano soltanto sbiaditi ricordi e il peso di quattro finali perse. Tanti giocatori comprati, tanti soldi spesi, tanti errori. Il suo capolavoro resta la squadra costruita nel 2012 con Macia, quella del primo Montella. Poi le delusioni superano le gioie. Ma soprattutto la sensazione è quella di un rapporto finito, logoro, irrecuperabile con una gran fetta dei tifosi e un pezzo di città.
Pradè aveva già pensato di dimettersi a giugno, dopo la prima pesante contestazione, si è confidato anche con la moglie che condivideva il tempo dell’addio. La decisione di restare è stata sofferta, come è sofferta ora questa situazione con una squadra costruita con ambizioni Champions e “per vincere” (parole di Pradè), che si ritrova in zona retrocessione.
Pradè ha deciso di non dimettersi per senso di responsabilità e amore verso la Fiorentina. In questo momento di gravi difficoltà calcistiche, per di più con Rocco Commisso convalescente e impossibilitato a fare un viaggio transoceanico ancora per qualche tempo, Pradè pensa che sarebbe da vigliacchi abbandonare, meglio lavorare sodo per cercare di risolvere tutti i problemi che anche le sue scelte sbagliate hanno creato. Tanto più che Rocco non ha mai pensato di mandarlo via, anzi è il primo che gli chiede di rimanere al suo posto.
Situazione pirandelliana. Pradè sa di aver esaurito la sua energia, ma resta nella bufera di una nuova durissima contestazione con minacce di azioni ancora più forti già annunciate nel volantino della Fiesole.
Resta, ma ha la forza e la serenità di affrontare questo momento, uno dei peggiori degli ultimi decenni?
—
Tanto più che intorno ha un Dg come Ferrari con esperienza e forza limitata, che fino a un anno e mezzo fa e in tutta la sua vita lavorativa si è occupato di comunicazione e solo ultimamente nel calcio, e da un dt che vanta come esperienza la Reggiana. Pradè in questi momenti può chiedere aiuto solo ai procuratori amici per intervenire sui giocatori, ma dei problemi interni sanno ben poco.
Quello che sta succedendo è abbastanza chiaro, stanno saltando dei punti fermi sui quali era stata costruita questa squadra a cominciare da Fagioli, Gudmundsson, Dodò, e Comuzzo. E non solo. Noi dall’esterno non abbiamo la possibilità di capire, ho dato sei e mezzo al mercato, non abbiamo elementi per sapere il resto.
Dovevano essere loro, i dirigenti, vedendo tutti i giorni i giocatori e gli allenamenti (anche nella passata stagione) a capire che non andava messa la squadra in mano a Fagioli ancora non sereno e motivato, palesemente intristito, per la vicenda che l’ha travolto. In teoria avrebbe dovuto essere il faro, il costruttore di gioco, ma non è più quello di Cremona o della prima Juve.
Dovevano essere loro a capire, dopo più di un anno, che Gud forse è questo e probabilmente sarebbe stato meglio perdere i troppi soldi del prestito senza spenderne un’altra valanga per riscattarlo. Ci sarà un motivo perchè l’Inter l’ha fatto seguire, ha pensato di prenderlo e poi l’ha lasciato ai viola?
Il calo di Dodò è legato alla richiesta di cessione non esaudita. Al contratto non rinnovato? I giocatori sono strani, comincio a pensarlo. Anche questo è un qualcosa non valutato bene. Pure su Comuzzo si sono messe troppe pressioni e responsabilità. Aveva già perso il posto da titolare fisso con Palladino, ha rifiutato l’Arabia, se lo volevano vendere una soluzione italiana (Milan) o europea si poteva trovare.
E poi, siamo sicuri che i cinque milioni dati a Kean non abbiano innescato un effetto negativo?
Anche i tre anni di contratto a Pioli, tre milioni l’anno, sono un eccesso. Gli allenatori, anche quelli bravi, vanno tenuti più liberi. Per loro e per la società. Questo sa di un vitalizio. Come eccessivi sono i 27 milioni per Piccoli che oltre a sembrare un contentino al procuratore più vicino a Pradè in questo momento, vale a dire Lucci, sono stati spesi per un ruolo coperto da Kean con Dzeko quel vice che l’anno scorso mancava.
Con quei soldi andava comprato un centrocampista di personalità in grado di prendere davvero le redini del gioco. A questo proposito mi chiedo anche come mai non sia stato riscattato Cataldi per appena due milioni. Il centrocampo dell’anno scorso con Adli e Bove (purtroppo…), ma anche Folorunsho era più forte. Un leader serviva anche in difesa, Pradè ha mollato Lindelof all’ultimo momento: ecco un altro errore.
Ma la sensazione più brutta è un’altra, come ha detto chiaramente ieri Fabio Capello in un’intervista. Vista da fuori questa squadra sembra non seguire l’allenatore. Da dentro ti dicono che sono vicini alla meta, che basta poco, che la svolta è vicina, ma questa sensazione di squadra coesa non c’è vedendola giocare.
Davvero, come ha detto Palladino per rompere le scatole, tanti giocatori si sentono ancora con lui?
—
Non lo sappiamo. Certamente si fa fatica a spiegare quello che si vede, come i gol presi domenica da autentici polli o quelli falliti tipo Gosens, un altro che rende la metà dell’anno scorso.
La situazione in classifica è drammatica non solo per i punti, ma per tutti i dati di riferimento delle partite della Fiorentina che produce meno di quasi tutte le squadre di serie A e in ottobre andrà a giocare due volte a San Siro contro Milan e Inter e in mezzo avrà il velenoso Bologna di Italiano.
Situazione pirandelliana per Pradè, drammatica per il resto.
—
L’assenza di Rocco complica e blocca tutto. Non resta che prendere per buoni quei segnali arrivati dalla Roma, il risveglio di Kean e un po’ aggressività in più che mi fa dire che (legni compresi) il pareggio ci poteva stare. Piccoli segnali da coltivare, ma il gioco deve crescere in fretta e le prestazioni insufficienti di tanti (Ranieri, Nicolussi, Mandragora) oltre a quelli nominati, devono salire di tono.
Due settimane di lavoro strano, tanta insoddisfazione con in mezzo le nazionali, ma in certi casi o si fa la rivoluzione (non ci sono i presupposti commissiani) o Pioli tira fuori il coraggio e il carattere, fa scelte drastiche, magari si affida a gente come Fortini e altri per trovare una soluzione che oggi, sinceramente, fatico a vedere.
A meno che non si pensi di tornare a un non-gioco come faceva Palladino, difesa chiusa, palla lunga a Kean. E qualche segnale di questo tipo (palla lunga a Kean) s’è già visto contro la Roma, ma anche a Pisa.