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Pioli, ecco il modulo. La società è con lui, lo dimostrino anche i giocatori

Pioli
La Fiorentina intesa come società manifesta sempre fiducia in Pioli, ma come sta il gruppo?
Matteo Magrini

Di luoghi comuni è pieno il mondo e il calcio non fa eccezione. Quando si dice che “questa è la settimana più importante” quindi, si rischia di finire nel banale se non, considerando che siamo al 1 di ottobre, addirittura nel grottesco. Pensateci, però. Fate mente locale sulle condizioni in cui si ritrova la Fiorentina, chiudete gli occhi, e provate ad immaginare cosa succederebbe se tra domani e domenica non dovessero arrivare i primi, veri segnali di svolta. Sinceramente, vengono i brividi. Perché dietro l'angolo c'è la sosta e per i viola, in caso di altri risultati e (soprattutto) prestazioni negative sarebbero quattordici giorni di “massacro”. E allora si. Sarà magari un filo esagerato descrivere questa settimana come la più importante ma di certo, quando tra qualche mese si tireranno le fila, sarà ricordata come una di quelle che hanno marcato una differenza. Nel bene, o nel male.

Segnali di crescita e modulo

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Detto questo, c'è da capire come venir fuori da un pozzo che pare non conoscere fondo. Un buco nero, alla fine del quale oggettivamente io non ho visto tutti quei “segnali di crescita” di cui ha parlato a Pisa Stefano Pioli. Certo. Lui è il mister e coglie quindi dettagli e sfumature che a noi sfuggono. Per non parlare del fatto che un conto son le parole che si affidano a taccuini e microfoni e altre son quelle che risuonano nel chiuso dello spogliatoio. A meno che il tecnico, ma ci rifiutiamo di crederlo, non si accontenti di una squadra che (questo, almeno, si) nel derby ha saputo tener botta sul piano dell'agonismo calandosi abbastanza bene nella parte di quelli che devono e sanno soffrire. Tutto il resto però, o quasi, è poca roba. Troppo poca per pensare di aver preso una direzione giusta.

A proposito, e giusto per sottolineare quei dettagli che un allenatore sa cogliere. Pare che Pioli domenica si sia convinto (almeno per il momento) che quell'abito (il 3-4-2-1) sia quello migliore per i suoi calciatori. In fondo, e così terniamo alle difficoltà e al tempo forse perso nelle scorse settimane, è quello che aveva testato per tutta l'estate. Con uomini diversi è vero (Dzeko ora come ora non è oggettivamente presentabile dal primo minuto a certi livelli) ma quello era: un punto di riferimento, e un paio di uomini tra le linee a supporto che facciano da raccordo col centrocampo. Ovviamente però, prima di moduli, schemi, interpretazioni e storie simile (che contano...eccome se contano) viene la testa.

Ma come sta il gruppo?

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E così arriviamo ad un tema a mio modo di vedere determinante. Come sta, dentro, la Fiorentina? Quali sono i rapporti tra gruppo, allenatore e società? Lo dico senza ipocrisia: il timore che non tutto sia filato o stia filando liscio tra mister e calciatori ce l'ho. Ciò non significa robe tipo “gli giocano contro” o simili, assolutamente no, ma che magari non sia scoccata (ancora) quella scintilla che spinge un insieme di singoli a unirsi in un corpo solo pronto a tutto per la sua guida. Non mi pare insomma, che i viola sul campo credano fermamente in quello che fanno o che gli viene chiesto di fare. Può capitare, per carità. L'importante, se così stanno le cose, è dirselo in faccia, anche duramente, eliminare i non detti e gli equivoci e riprendere a marciare con più convinzione di prima.

Un processo nel quale è/sarebbe fondamentale il ruolo della società. Il punto è: questa Fiorentina è strutturata per affrontare questo tipo di situazioni? I precedenti, ahi noi, non inducono tanto all'ottimismo. Basta pensare alle primissime stagioni di Commisso, ai cambi e contro cambi in panchina o alle dimissioni di allenatori vari. Al momento comunque, dal club filtra anche informalmente una fiducia massima nei confronti di Pioli. Non solo. A differenza di quanto successo a Palladino, e non abbiamo dubbi sul fatto che sia stato uno dei punti che il mister ha voluto mettere in chiaro fin da subito, ci risulta un contatto diretto abbastanza frequente tra lui e il presidente. Sembra poco, ma fa tutta la differenza del mondo.