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Nove giornate decisive per il futuro di Palladino

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Il tre a zero sulla Juventus è una di quelle partite che tra qualche tempo farà piacere dire “io c’ero”. Ma nel calcio, razionalizzando, messi da parte il cuore e l’emozione, servono anche ragionamenti più freddi
Enzo Bucchioni Editorialista 

Il tre a zero sulla Juventus ha dato una straordinaria eccitazione a tutta la tifoseria, tutto logico e normale. E’ una di quelle partite che tra qualche tempo farà piacere dire “io c’ero”. Mi ha fatto venire in mente il famoso 4-2 di Pepito Rossi quando uscendo dallo stadio dopo aver lavorato, più di un’ora dopo la fine della partita, ho trovato un tifoso non più giovanissimo, riverso su una poltroncina, visibilmente provato che mi ha detto: “Sono esausto, non riesco ad alzarmi, un’emozione così forte non l’avevo mai provata, se dovessi morire ora sarei felice”. Partite forti, concetti forti. Ma nel calcio, razionalizzando, messi da parte il cuore e l’emozione, servono anche ragionamenti più freddi.

E qui mi riferisco a Palladino. Ho sentito quelli che lo avrebbero esonerato dopo Verona o dopo l’andata di Conference (sempre gli stessi) dire con grande enfasi che la Fiorentina ha trovato l’allenatore giusto per il futuro. Non funziona così, tra il bene e il male, il bianco e il nero ci deve sempre essere un terreno neutro dove le valutazioni devono essere serene e analitiche. Se qualcuno oggi mi chiedesse a bruciapelo, confermeresti Palladino alla guida della Fiorentina anche per l’anno prossimo?, risponderei e rispondo non lo so.


Ho visto cose buone, ma anche zone d’ombra e ce lo siamo detti per tutta la stagione. Non possono essere le vittorie con lo stesso identico clamoroso risultato contro l’Inter o la Juve a far dire che Palladino ha dimostrato di essere pronto, come non possono essere le sconfitte contro Verona o Monza a farmi pensare che per lui la Fiorentina è stato uno step troppo alto. L’analisi va fatta partendo dall’estate. Prendere Palladino, un giovane allenatore con poco più di un anno e mezzo di serie A in una piazza soft, senza un minuto di panchina nelle coppe e dire contemporaneamente “siamo ambiziosi”, forse è stata una contraddizione. Per alzare il livello raggiunto da Italiano sarebbe stato più logico prendere un allenatore più scafato, più pronto. E sinceramente non penso a Sarri, c’erano diverse soluzioni.

E’ successo infatti che la Fiorentina abbia costruito una squadra di livello, sicuramente più forte di tutte quelle di Italiano, la migliore degli ultimi dieci anni, abbia deciso di crescere con i giocatori, ma non abbia messo in panchina un allenatore dello stesso livello. Qui non si tratta di essere a favore o contro Palladino, non lo conosco neppure, si tratta di strategie calcistiche. La Fiorentina è andata sul sicuro con la squadra mentre si è lasciata un margine di rischio più alto per la panchina. Si tratta di capire se il rischio era calcolato “prendo un talento e lo faccio crescere”, oppure se Palladino è stato sopravvalutato. Era da mettere in preventivo che avrebbe pagato l’inesperienza. Ha dovuto assemblare una squadra, forse per la prima volta, a Monza era arrivato in corsa. E’ stato chiamato a gestire uno spogliatoio numeroso e con forti personalità, giocatori di livello internazionale e l’approccio cambia. E’ stato costretto a cambiare sistemi di preparazione e allenamento per le tre partite settimanali che non sapeva cosa fossero.

Tutte cose che lo hanno condizionato, è evidente. L’inizio è stato scioccante. Poi Palladino ha messo il suo entusiasmo, la sua energia e su questo è stato bravo. Ha capito che per tirarsi fuori da una situazione complicata l’unica strada da battere era quella del calcio semplice, palla lunga e pedalare, dritto per dritto con un gran portiere e un gran centroavanti. La scelta ha pagato, ma era chiaro che le otto vittorie, venute così, non avrebbero garantito tutta la stagione. Un futuro. Serviva qualcosa di più, maggiore personalità, più gioco, migliore organizzazione. E qui Palladino ha faticato. Troppe incertezze, partite non preparate bene e gestite ancora peggio, nonostante cinque innesti forti a gennaio. I numeri parlano chiaro. La Fiorentina è stata anche prima, a lungo in zona Champions. S’è fatta risucchiare fino all’ottavo posto.

Con i suoi tempi, con i suoi errori, ora però ci sembra che Palladino abbia trovato una strada nuova e valida, è passato al 3-5-2, ha scelto gli interpreti giusti, ha lavorato su concetti diversi e i progressi si sono visti. La Fiorentina ha pagato l’apprendistato di Palladino, questo è evidente. Con questa squadra di ottimo livello non ci dovrebbero essere i cinque punti di distacco dal Bologna e non dovrebbe avere davanti sette squadre. Qualcosa s’è perso per strada. Ma la ripartenza adesso è cominciata. Che fare allora? Bocciare o promuovere Palladino? Oggi non so rispondere. Mancano nove giornate al termine del campionato e per poter dire che l’apprendistato è finito, che Palladino è maturato in fretta, ha superato i momenti di difficoltà, servono conferme. Non può essere la debordante vittoria sulla Juve, quella è solo un fiore all’occhiello.

Nelle prossime settimane andrà valutata una ulteriore crescita del gioco, della personalità della squadra, del sapere essere squadra. Ma sarà importante anche vedere la gestione della rosa, l’utilizzo delle risorse, i cambi e le intuizioni. Crescere significa anche maggiore possibilità di fare risultati. Poi i dirigenti devono fare cose che noi non possiamo fare, vedere gli allenamenti, capire l’empatia o meno con il gruppo, valutare le idee, analizzare il lavoro quotidiano.

Se il finale di stagione sarà in crescendo e la gestione sicura, ovviamente con i risultati, e una squadra migliore, se la Fiorentina troverà continuità, vorrà dire che Palladino è cresciuto in fretta, ha colmato il gap dell’inesperienza e potrà continuare a crescere. Se viceversa e tocchiamo ferro, dovessero tornare le difficoltà contro le piccole, la scarsa capacità di fare gioco, i risultati altalenanti di gennaio e febbraio, qualche dubbio dovrà venire.

L’obiettivo di Rocco Commisso è l’Europa League, la classifica ci dice che ci sono sei squadre in sei punti, tutto è ancora aperto, anche per la volata Champions. Il destino di Palladino è nelle sue mani. Faccio fatica a pensare che se con questa squadra molto importante dovesse rimanere fuori da tutto, sarebbe l’allenatore viola anche l’anno prossimo. Senza dimenticare la Conference. I quarti sono facili, la semifinale probabilmente con il Betis Siviglia, alla portata. Ma il discorso è sempre lo stesso, solo se la vittoria sulla Juve è un nuovo inizio, possiamo aprire le vele al vento dell’ottimismo.