L'editoriale di Matteo Magrini su Bologna-Fiorentina, ripartendo dal lutto che ha colpito Raffaele Palladino. E poi la chiosa finale su Italiano
Il primo pensiero, ma pure il secondo, il terzo, il quarto...vanno al mister. Senza spendere tante (inutili) parole o lasciarsi andare a chissà quale artificio retorico. Servirebbero a nulla, in un momento del genere. Tra qualche ora invece, e non appena tornerà a Firenze e in panchina, Palladino si accorgerà dell'abbraccio e del calore che questa città è capace di dare e ne trarrà forza. A lui quindi, e ovviamente a tutta la famiglia, la più sincera vicinanza.
Fiorentina, un ko che non scalfisce
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Detto questo, veniamo alla partita di ieri e partiamo da una considerazione. Banale, sicuramente, ma doverosa: non sarà certo una sconfitta a scalfire tutte le certezze accumulate in tre mesi di esaltante cammino. Una caduta, seppure dolorosa e fastidiosa, ci sta. L'importante, semmai, è sfruttarla per crescere ancora e rialzarsi. Forti come prima. Più di prima. Il (piccolo) problema, mettendo insieme quanto successo a Bologna con quello che si era visto la settimana prima col Cagliari, è che la Fiorentina è arrivata a questo finale di 2024 con la spia della riserva accesa. E pazienza se qualcuno (nel magico mondo dei sociali dove tutti disprezzano i giornalisti salvo poi sgomitare o inventarsi pagine travestite da testate pur di sfogare la frustrazione per non esserlo loro, giornalisti) si era innervosito quando era stato fatto notare. I viola sono in calo, e non c'è niente né di male né di così strano.
Testa e gambe, un calo c'è
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Semplicemente, dopo una corsa clamorosa e con eventi che vanno oltre il calcio che si sono abbattuti sul gruppo (la vicenda Bove prima, il lutto del mister poi) la testa e le gambe dei giocatori sono andati in debito. Non a caso, altro aspetto sul quale ci eravamo concentrati spesso, lo stesso allenatore ultimamente ha decisamente cambiato approccio nella gestione della rosa e del doppio impegno. Non più la divisione in compartimenti stagni tra chi gioca in campionato e chi in coppa, ma una rotazione un po' più moderata nella quale garantire un minutaggio un po' più omogeneo a tutti. Del resto ieri, così come sette giorni fa appunto, i segnali son parsi evidentissimi: Gosens, Adli, Cataldi, Colpani (ma qua purtroppo non è solo questione di calo fisico), lo steso Kean, Beltran. Quasi tutti i giocatori chiave, alla distanza, calano vistosamente.
Serve cambiare qualcosa?
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Sia chiaro. Ieri c'è stato anche altro. L'ingresso di Ferguson per esempio ha completamente cambiato volto (tattico, e di impatto fisico) alla partita e in quel caso, senza voler dare nessunissima responsabilità a Citterio, l'assenza del mister si è fatta sentire perché la lettura e la reazione della gara non è stata la stessa che avremmo visto con Palladino in panchina. I cambi andavano fatti probabilmente prima, e il centrocampo andava rinforzato. A proposito. Non è un caso nemmeno il fatto che la squadra stia accusando un calo proprio dopo lo stop di Bove. E qua non parliamo dell'ovvio contraccolpo psicologico, ma proprio di quanto Edoardo dava e faceva sul campo. Nessuno può imitarlo, e nessuno può garantire quegli equilibri. Per questo, come ha detto Citterio, “bisogna cambiare qualcosa” in attesa e nella speranza che dal mercato arrivi un aiuto.