Il lavoro di Pradè
—Si vedrà, ed è comunque giusto mantenere un pizzico di fiducia. Del resto il diesse Pradè, ormai si sa, lavora così. Semina, valuta, getta reti e ami e si mette lì, in attesa che si creino condizioni il più possibile favorevoli. Non a caso le sue operazioni si chiudono molto spesso negli ultimi giorni o nelle ultime ore di trattative. In estate (come detto) è andata così e tutto sommato il risultato (Cataldi, Adli, il povero Bove, Gosens) fu buono. Certo, non è esattamente il modo migliore per aiutare l'allenatore. Costretto in durante il pre campionato e durante le prime partite a lavorare con una rosa che non esisteva (e le difficoltà che ha trovato all'inizio nel trovare la quadra, in parte, hanno questa giustificazione) e chiamato, adesso, a combattere la crisi con tanti scontenti in gruppo e con tante situazioni ancora aperte. Le sue richieste/esigenze sono ed erano note da tempo: un attaccante esterno che determini ed un centrocampista che porti muscoli, struttura e polmoni. E se è vero che gennaio è complicatissimo, forse, ci si poteva presentare all'appuntamento con le idee un po' più chiare e, più che altro, con qualcosa di un po' più concreto in mano.
Addio di Kayode
—Nel frattempo, se n'è andato Kayode. Lo dissi allora e lo ripeto oggi: davanti alle offerte arrivate a luglio (tra i 20 e i 25 milioni) bisognava avere il coraggio di venderlo perché, dal mio punto di vista, stiamo parlando di un ragazzo con potenzialità fisiche straordinarie ma con enormi limiti tecnici e di applicazione. Il suo caso però, deve valere per il mister come lezione. Mi spiego. Possibile che non potesse mai, e dico mai, dare il cambio a Dodò? Possibile che da rivelazione dello scorso anno si sia trasformato in giocatore totalmente non all'altezza e in difficoltà anche contro avversari (scarsissimi) come quelli del girone di Conference? La sensazione è che, messo da parte (lui, come altri) si sia pian piano intristito, abbia perso motivazioni e abbia, alla fine, staccato la spina. Ecco. Non è così, che si gestisce un gruppo chiamato al doppio o triplo impegno. Nel calcio moderno conviene ruotare magari non tantissimo, ma di continuo, perché prima o poi ci sarà per forza bisogno di tutti.
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