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Da Berardi a Luiz Henrique, ogni gennaio la stessa storia: mercato in ritardo

Magrini Fiorentina
Da Berardi a Luiz Henrique, ogni gennaio la stessa storia. Mercato in ritardo, sperando che finisca come ad agosto. Kayo e una lezione per club e allenatore
Matteo Magrini

La speranza (anche se il proverbio lo conoscete no...?) è che finisca, più o meno, come ad agosto. Di certo, e tanto per cambiare, la Fiorentina è arrivata a due settimane dalla chiusura del mercato e, in teoria, ha ancora un sacco di cose da fare. Non vorremmo esagerare insomma, ma qua rischiamo di essere gli unici capaci di far concorrenza (alla meno) a Trenitalia e a chi, in questo buffo Paese, gestisce (diciamo dovrebbe) gestire i trasporti. “Ritardo”, è questa la parola che tiene insieme quello che sta accadendo oggi con quanto successo sei mesi fa e per questo, appunto, siam qua ad augurarci che anche il risultato sia simile. Perché sia chiaro: abbiamo sempre detto che questa è una Fiorentina più forte rispetto agli anni scorsi e che il mercato estivo meritava (nonostante qualche difetto/lacuna) una valutazione positiva e non sarà lo sprofondo in cui è caduta la squadra a farci cambiare idea.

Brutti ricordi passati

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Il problema è che dopo aver messo lì in tempi tutto sommato brevi il colpo Folorunsho (che per quanto fatto vedere in queste primissime uscite sembra poter rientrare alla voce operazioni azzeccate) i viola si sono sostanzialmente impantanati e anche qua la mente ci riporta a (inquietanti) precedenti. Alzi la mano infatti chi, in queste settimane di infinito corteggiamento a Luiz Henrique, non ha ripensato a quanto successo un anno fa con e per Gudmundsson. Due vicende simili e che lasciano francamente sgomenti. Prima le offerte (sbandierate, quanto poi fossero reali non si sa) reiterate al Genoa nonostante già dopo la prima telefonata la risposta “non se ne parla nemmeno” avrebbe dovuto spingere i viola a guardare altrove. E invece, aldilà di un folle e inutile sondaggio (ammesso dai dirigenti stessi) per Zaccagni, la Fiorentina continuò a parlare e a far girare il nome di Gud salvo poi rimanere puntualmente a mani vuote. Accadrà di nuovo? Di sicuro, la vicenda relativa ad Henrique fa abbastanza sorridere. Fin da subito infatti il Botafogo ha fissato in 30 milioni la base d'asta e, potendo contare su (almeno) altre quattro offerte, da lì non è mai sceso. E la Fiorentina? Ha messo sul piatto (circa) 20 milioni più bonus per arrivare massimo a 25 e non ha fatto altro che sperare che fosse il giocatore, scegliendo l'Italia a scapito di Premier o Russia, a favorirla. Com'è andata, si sa. Del resto, da queste parti, accade spesso. Vogliamo parlare di Berardi e della famosa proposta da 15 milioni (“inaccettabile”, la definì Carnevali, dirigente del Sassuolo) a fronte dei 30 richiesti? Ormai insomma, sta diventando un classico di gennaio. Ci si intestardisce su un nome, si fa di tutto (?) per prenderlo (o così si lascia credere) e puff. Obiettivo andato. Non resta che sperare, si torna sempre lì, che non vada a finire allo stesso modo. Perché un anno fa al posto di Gudmundsson è stato acquistato il fortissimo Nessuno (salvo Belotti e Faraoni) mentre, perso Berardi, in quel famoso inverno arrivò Ikonè.


Il lavoro di Pradè

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Si vedrà, ed è comunque giusto mantenere un pizzico di fiducia. Del resto il diesse Pradè, ormai si sa, lavora così. Semina, valuta, getta reti e ami e si mette lì, in attesa che si creino condizioni il più possibile favorevoli. Non a caso le sue operazioni si chiudono molto spesso negli ultimi giorni o nelle ultime ore di trattative. In estate (come detto) è andata così e tutto sommato il risultato (Cataldi, Adli, il povero Bove, Gosens) fu buono. Certo, non è esattamente il modo migliore per aiutare l'allenatore. Costretto in durante il pre campionato e durante le prime partite a lavorare con una rosa che non esisteva (e le difficoltà che ha trovato all'inizio nel trovare la quadra, in parte, hanno questa giustificazione) e chiamato, adesso, a combattere la crisi con tanti scontenti in gruppo e con tante situazioni ancora aperte. Le sue richieste/esigenze sono ed erano note da tempo: un attaccante esterno che determini ed un centrocampista che porti muscoli, struttura e polmoni. E se è vero che gennaio è complicatissimo, forse, ci si poteva presentare all'appuntamento con le idee un po' più chiare e, più che altro, con qualcosa di un po' più concreto in mano.

Addio di Kayode

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Nel frattempo, se n'è andato Kayode. Lo dissi allora e lo ripeto oggi: davanti alle offerte arrivate a luglio (tra i 20 e i 25 milioni) bisognava avere il coraggio di venderlo perché, dal mio punto di vista, stiamo parlando di un ragazzo con potenzialità fisiche straordinarie ma con enormi limiti tecnici e di applicazione. Il suo caso però, deve valere per il mister come lezione. Mi spiego. Possibile che non potesse mai, e dico mai, dare il cambio a Dodò? Possibile che da rivelazione dello scorso anno si sia trasformato in giocatore totalmente non all'altezza e in difficoltà anche contro avversari (scarsissimi) come quelli del girone di Conference? La sensazione è che, messo da parte (lui, come altri) si sia pian piano intristito, abbia perso motivazioni e abbia, alla fine, staccato la spina. Ecco. Non è così, che si gestisce un gruppo chiamato al doppio o triplo impegno. Nel calcio moderno conviene ruotare magari non tantissimo, ma di continuo, perché prima o poi ci sarà per forza bisogno di tutti.

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