Considerazioni in ordine sparso dopo la prima di Vanoli e le sue parole in sala stampa
Vanoli promosso all'orale
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Se la prima impressione è quella che conta diciamo pure che Paolo Vanoli ha superato a pieni voti i primissimi test. Quello sul campo (a Marassi) e quello davanti al microfono del Media Center del Viola Park. Del resto, le parole, non state altro che la prosecuzione di quello che si era visto qualche giorno prima a Genova. Anche questo, se vogliamo, un segnale importante. Chiarezza, semplicità, determinazione, onestà, consapevolezza e concretezza. Concetti in gran parte (non tutti) espressi dai suoi contro la formazione di De Rossi e che, appunto, hanno poi trovato piena rappresentazione in conferenza stampa. Segno che il nuovo allenatore ha saputo trovare le chiavi giuste per entrare immediatamente nella testa dei suoi e se è vero che non può e non deve bastare una partita (peraltro non pienamente convincente, anzi) come prova di un cambio azzeccato è altrettanto innegabile come, in appena 48 ore e un paio di allenamenti, Vanoli abbia già fatto vedere nella Fiorentina qualche traccia di sé.
Ancora su Pioli
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In fondo, è quello che non è mai successo con e a Stefano Pioli. E qua colgo l'occasione per ribadire un concetto evidentemente sfuggito a chi (e in Italia e nel mondo, con risultati sotto gli occhi di tutti, son sempre di più) non riesce a far lo sforzo di leggere non voglio dire un libro o un giornale (capisco sia pretendere troppo) ma nemmeno un articolo. Il riferimento è a chi in questi giorni continua a dire che prima di scrivere o dire qualsiasi cosa dovrei (e con me altri) ammettere di aver sbagliato valutazione sull'ormai ex allenatore. Eppure in questo caso sarebbe bastato fermarsi al titolo, senza nemmeno dover leggere tutto il resto, per accorgersi di come sia stata la prima cosa detta e fatta a commento del suo esonero. Detto questo, torniamo a noi. Nella Fiorentina di questo avvio di stagione, nonostante qualche bel segnale estivo, non si è mai visto niente di niente che avesse a che fare con Pioli e la situazione è se possibile peggiorata ulteriormente quando Stefano ha rinnegato se stesso piegandosi ad un calcio non suo. Ne è venuto fuori un mostro a due teste che non sapeva chi fosse né dove volesse andare.
La nuova consapevolezza
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A Genova invece, pur con tutti i suoi innumerevoli limiti, la Fiorentina ha mostrato di aver le idee abbastanza chiare. Le stesse espresse mercoledì in sala stampa dalla sua nuova guida. Una squadra senza troppi fronzoli, dove tutti son pronti a sacrificarsi e che non si vergogna a parlare di salvezza e ad accontentarsi di un punto in trasferta. Del resto, questa è la realtà. E per chi non l'avesse capito vale la pena ribadire quanto sarà dura (e lunga) la strada per risalire: i viola hanno 5 punti dopo 11 giornate e, prendendo in esame gli ultimi 5 campionati (dallo scorso fino a quello del 2020/2021 vien fuori che per salvarsi son serviti (in media) 33 punti. Considerando quindi che restano da giocare 27 partite a De Gea e soci per arrivare a quella quota serve viaggiare a 1,2 punti a gara. Impresa mica impossibile, ci mancherebbe. Anzi. Bisogna però considerare che la Fiorentina deve comunque superare tre squadre per tirarsi fuori dalla zona retrocessione e che negli ultimi 18 campionati solo 2 squadre si sono poi salvate dopo aver collezionato 5 punti nelle prime 11. Ultimo, il Crotone di Nicola.
Colpirne un paio per...
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Si dirà: i viola hanno valori e potenzialità nettamente superiori a tutti quelli che in queste stagioni hanno lottato per non retrocedere: vero... in teoria. E non a caso Vanoli ha battuto parecchio su quel tasto. “Dobbiamo avere l'umiltà e non la presunzione dei vincenti” ha detto e non a caso ha “scelto” i due giocatori di maggior qualità per spedire messaggi chiarissimi. “Fagioli è un giocatore bravo ma deve dimostrarlo”. “Gud? Io non devo capire nessuno, è lui che deve capire me”. Colpirne un paio insomma, per educarli tutti. A proposito di educazione. Non sarà sfuggito a nessuno che a domanda su alcuni comportamenti non esattamente professionali (anche durante il ritiro) nessuno abbia smentito. Vanoli ha risposto con una specie di trattato (in parte condivisibile) sui giovani di oggi mentre Ferrari e Goretti son rimasti in silenzio. Dimostrazione plastica e manifesta di quello che sosteniamo da tempo. Questa è una società in evidente difficoltà e per crescere, prima ancora che l'innesto di figure di spessore che abbiano peso e personalità per gestire uno spogliatoio, servirebbe un minimo di consapevolezza.
L'autocritica mancata
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Qua invece si risponde che “l'anno scorso abbiamo fatto 65 punti”, che “risulta sia il record dell'era Commisso e da parecchi anni a questa parte” e che “c'ero sempre io, insieme a Pradè”. Nessuna autocritica né analisi sul come si sia arrivati poi (altro record da appuntarsi al petto) al punto più basso mai toccato dai viola ma, anzi, la rivendicazione di quanto di buono fatto prima. Ma in fondo, probabilmente, è giusto così. E anche questo lo abbiamo spiegato tante volte a chi (giustamente o no) chiedeva l'allontanamento dell'ex direttore sportivo. “Chiedetevi come mai chi comanda lo ha sempre confermato”, dicevamo. Ecco. Per il d.g, unico superstite del gruppo di lavoro che ha contribuito a questo avvio di stagione, vale lo stesso discorso. “Lasciamo il tempo di lavorare alle persone che hanno la mia fiducia a cominciare da Alessandro (Ferrari) fino a tutte le altre persone che sono presenti nel nostro Club”. Ve l'ha scritto il presidente e qualsiasi altra considerazione sarebbe superflua.