Il rimpianto per un'occasione non colta dalla Fiorentina con tante squadre che andranno a giocarsi la Champions League. Il conto pagato a gennaio
“Ricordo nostalgico e dolente di persone o cose perdute, o di occasioni mancate”. In una parola: rimpianto. E' difficile, guardando la classifica dopo il successo sul Cagliari e pensando all'enorme occasione fornita (anche grazie alla Fiorentina) dal posto in più buono per la Champions che il calcio italiano si è conquistato. E chissà che non siano due, alla fine, e che quindi anche alla sesta si prenda il pass per la competizione più importante. Un'opportunità più unica che rara fatta volar via così, come se nulla fosse. Basta pensare alla soddisfazione di Rocco Commisso fatta filtrare dopo il successo di Cagliari. Come se l'”aver fatto meglio della scorsa stagione” (in termini di punti in classifica) fosse un trofeo (aspettando quello vero) da esibire. Come se, la storia di questo campionato, non esistesse.
“Abbiamo pagato gennaio e febbraio – ha detto ieri Italiano – mesi nei quali abbiamo sbagliato tanti rigori e avuto un po' di sfortuna con i legni”. Parole fin troppo benevole da parte di un allenatore che in realtà, proprio in quelle settimane, ha dovuto fare i conti con una realtà a dir poco discutibile. Il riferimento, va da sé, è al girone d'andata chiuso al quarto posto e ad un mercato invernale nel quale la società non ha fatto nulla per alimentare quel sogno. Nulla. O qualcuno pensa che gli arrivi di Faraoni e Belotti possano esser considerati colpi da Champions? Eppure, per la prima volta dal giorno del suo arrivo a Firenze, il mister aveva parlato molto chiaramente. Voleva un attaccante esterno, e ha sperato fino all'ultimo di essere accontentato. Come è andata, si sa. La Fiorentina ha perso Nico e Sottil per infortunio, ha visto partire Kouame per la Coppa d'Africa, e ha affrontato tutto il mese di gennaio (Supercoppa compresa) potendo contare di fatto soltanto solo su Ikonè e Brekalo.
Sia chiaro. Ciò non significa che non si potesse comunque far qualcosa in più. Partite come quelle con Sassuolo, Udinese e Lecce si potevano vincere comunque ma quando si analizza un percorso bisogna farlo tenendo conto di tutto, ma proprio tutto il contesto. Tre giorni dopo la sfida di Reggio Emilia, per esempio, i viola hanno affrontato (ed eliminato) il Bologna in Coppa Italia, in una partita che costrinse Italiano addirittura a giocare con la difesa a tre vista la penuria di esterni. Quattro giorni dopo il 2-2 con l'Udinese invece, la Fiorentina si doveva giocare la final four di Supercoppa mentre poche ore prima della trasferta in Salento i viola ospitarono l'Inter, perdendo soltanto a causa del rigore sbagliato da Nico. Un match dopo l'altro, senza respiro, e con le rotazioni ridotte al minimo a causa del (non) mercato.
E così oggi quella scelta ha inevitabilmente presentato il conto anche a chi, all'interno della stessa società, pensava che il quarto posto ottenuto nel girone d'andata fosse né più né meno che la giusta rappresentazione dei valori in campo. Una convinzione contro la quale Italiano si è battuto con tutto se stesso. Consapevole, ma del resto bastava aver visto due o tre partite di pallone per capirlo, che il ritorno sarebbe stato molto, ma molto più complicato. La storia gli ha dato ragione e anzi, ha dell'incredibile pensare che vincendo a Bergamo il recupero la Fiorentina chiuderebbe il girone di ritorno con appena 6 punti in meno (27) rispetto ai 33 delle prime 19 giornate. Già, perché nel mezzo i viola ci hanno messo le due sfide con l'Atalanta in Coppa Italia e il percorso in Conference che si concluderà mercoledì ad Atene. Era impossibile insomma, per chiunque sappia di cosa si sta parlando, pensare che senza rinforzi i risultati non avrebbero risentito.