Una “Fiorentina da Champions”
—Certo, per pensarla così bisogna partire dal presupposto che in questi tre anni la Fiorentina abbia avuto (quasi) sempre una squadra decisamente inferiore rispetto a quelle con cui si è ritrovata a combattere e che, appunto, soltanto grazie al gioco, all'organizzazione e comunque all'impegno dei giocatori sia stato possibile raggiungere certi traguardi. Il problema, un enorme problema, è che convinzioni contrarie son state fatte circolare prima di tutto dalla società. Un club che nel frattempo ha sicuramente fatto qualche progresso, ha realizzato un'opera straordinaria come il Viola Park. Ha investito su alcuni giocatori interessanti (Nico prima, Beltran poi), ha puntato su ragazzi come Kayode e Ranieri, ma che ha passato gli ultimi due anni e mezzo a far passare il concetto secondo cui quella che aveva messo in piedi era una “Fiorentina da Champions”. Se è quello il punto di partenza, allora va bene anche considerare l'allenatore colpevole per aver perso una semifinale di Coppa Italia contro un'Atalanta che, giusto qualche giorno prima, aveva schiantato fuori dall'Europa League il Liverpool.
Futuro: autocritica e ambizione
—Una considerazione, quella sul valore della squadra, che mi fa pensare con un “pizzico” di inquietudine al futuro. Perché se si pensa di aver per le mani una rosa capace di giocarsela per le prime quattro o cinque posizioni il rischio è, per l'ennesima volta, di fare un mercato poco ambizioso e di pensare che possa bastare cambiare l'allenatore per fare il salto di qualità. Io, invece, temo che possa accadere esattamente l'opposto. Se poi invece tutto quello che è successo in questi mesi servisse per fare una sana autocritica, per analizzare con un minimo di obiettività quello che si ha e ciò che si è, allora potrebbe anche ripartire un ciclo interessante. E sia chiaro. Andrebbe benissimo anche un azzeramento quasi totale (per certi versi auspicabile), centrato magari su giovani (di valore) e su un tecnico che veda nella Fiorentina una piazza nella quale imporsi all'attenzione del grande calcio.
Lo scudo Italiano si abbassa
—Aquilani? Perché no. Personalmente non ho ancora gli elementi necessari per esprimere un giudizio su di lui ma tanto, in questo momento, non è questione di nomi. È questione di idee, di competenze e, soprattutto, di forza e struttura. Perché se si fa una scelta del genere poi va protetta, difesa, incoraggiata. Anche a costo di esporre se stessi, pur di mettere al riparo l'allenatore. Giusto il contrario, e sta succedendo anche in questi giorni, di quanto si è visto in questi anni. Stagioni nelle quali ad ogni sconfitta (l'ultima mercoledì) si è reagito lasciando che quasi tutti se la prendessero con Italiano. Quello scudo però sta per abbassarsi e da giugno, almeno per chi avrà voglia di sforzarsi un po', sarà facile individuare colpe o, ci auguriamo, meriti e scelte azzeccate.
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