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Ranieri: “Direi si a una nazionale. Addio? Spero di non piangere come Klopp”

Claudio Ranieri
Ranieri si siederà per l'ultima volta sulla panchina del Cagliari questa sera alle 20:45 contro la Fiorentina.
Redazione VN

Claudio Ranieri, allenatore del Cagliari, alla sua ultima sulla panchina sarda, ha parlato ai microfoni di Sky Sport a poche ore dalla partita contro la Fiorentina, queste le sue parole:

"Voglio innanzitutto celebrare l’Atalanta. Ho mandato un messaggio a Tullio Gritti (vice allenatore dell'Atalanta, ndr), che conosco da una vita, dicendogli che sono stati meravigliosi. Voglio fare i complimenti a Gasperini. L’Atalanta è l’orgoglio degli italiani. Credo che ogni italiano si sia riempito il cuore guardando quella partita"


Gasperini ha 6 anni meno di te e ha conquistato il primo trofeo...

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"E’ questo che noi italiani abbiamo di sbagliato. Si giudicano gli allenatori per i trofei. Ma perché? Non è che si possa vincere sempre e tutto il lavoro che c’è stato prima vale nulla? Siamo un po' troppo ossessionati dai trofei..."

Perché la decisione del ritiro?

"Prima del Cagliari avevo avuto 2/3 richieste che non si sono mai concretizzate. E mi chiedevo come mai, solitamente alla prima occasione ci si mette d’accordo. Quando è arrivato il Cagliari ho capito che il fato voleva che io chiudessi il cerchio qui. Dentro di me ho detto che volevo concludere bene. A quel punto il cerchio sarebbe stato veramente perfetto: 3 promozioni, 2 salvezze. Sono un uomo fortunato, devo chiudere così. Poi se un domani dovesse esserci una Nazionale, non parlo di quella italiana, che mi fa scattare qualcosa, posso dire di sì. Ma altre squadre di club non le prenderò in considerazione"

Ti stai preparando a cosa succederà nella partita con la Fiorentina? Non so se hai visto Klopp...

"Mi è sembrato che gli siano uscite delle lacrime, io spero di riuscire a trattenerle. Mi auguro che chiunque venga dopo di me abbia il supporto che ho avuto io. Quando sono arrivato all’aeroporto c’erano migliaia di persone ad attendermi. Ho chiesto aiuto ai tifosi perché quando sono arrivato la squadra non era in una posizione di classifica tale da farti pensare che ce la poteva fare. Era giù moralmente, aveva perso autostima. Ho pensato che potevo spingerla, ma il pubblico doveva soffiare dietro. E loro mi hanno ascoltato, riempiendo l’Unipol Domus dal primo giorno. Tutti hanno spinto in un’unica direzione. Da solo, sono sincero, non ce l’avrei fatta.

 

 

 

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