"Palladino non ha avuto timori di prendere decisioni che avrebbero potuto scontentare i senatori a vantaggio di chi interpreta il rinnovamento"
C’è un momento esatto in cui Raffaele Palladino ha saputo imprimere una svolta alla stagione della Fiorentina. Dopo i tre pareggi di fila nelle prime giornate, quel doppio playoff superato soltanto ai rigori e la sconfitta contro l’Atalanta. Il tecnico che cerca di uscire da un labirinto di pressioni, che si ritrova sotto anche nella sfida successiva al Franchi contro la Lazio al termine del primo tempo. È in quel momento - nota Repubblica Firenze - che Palladino toglie dal campo sia il capitano Biraghi che l’altro leader della difesa, Quarta. Ritrova Gudmundsson, inserisce Ranieri e passa in un colpo solo alla difesa a quattro con Dodo e Gosens larghi. E quel 4- 2- 3- 1 che sarà la base della rivoluzione gentile dei viola. Kean riferimento offensivo col tridente alle spalle composto da Colpani a destra, Gud centrale e Bove a sinistra. In una mossa il tecnico alza il velo delle sue abilità e la Fiorentina si scopre solida in difesa, compatta in mezzo al campo, imprevedibile e concreta in attacco.
Senza paura
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Palladino non ha avuto timori di prendere decisioni che avrebbero potuto scontentare qualche senatore a vantaggio di chi interpreta il rinnovamento impresso dalla sessione di calciomercato. L’integrazione tra i leader e i nuovi necessita di tempo ma l’affinità, in campo, è evidente. De Gea è un campione, Gosens si è adattato all’arretramento di qualche metro, a vantaggio dell’equilibrio difensivo. Dodo ha raggiunto livelli top, Comuzzo ha sfruttato l’occasione dimostrando il suo talento. Bove rappresenta l’altra mossa, quella che ha permesso a Palladino di piazzare Adli con Cataldi nel mezzo e di schierare l’ex Roma in posizione più avanzata e defilata.