Il giornalista e firma del Corriere dello Sport, Alberto Polverosi, ha commentato la grande prova della Fiorentina a Basilea, con i viola che grazie alla vittoria sono riusciti a strappare un biglietto per la finale di Conference League a Praga. Di seguito le sue parole:
Corriere dello Sport
Polverosi: “Forza, idee, rabbia e un cuore immenso”
Così è bello, è bellissimo. Perché è giusto, perché la Fiorentina va dove merita, vola a Praga per la finale di Conference League. E’ giusto, voluto, cercato con forza, idee, volontà, rabbia. Ma è bello anche perché sembrava di nuovo una partita di quelle che la Fiorentina domina e non vince. Invece stavolta, pur sbagliando una valanga di gol, ne ha segnati abbastanza per arrivare fin lassù. E’ stata una grande Fiorentina, immensa per il cuore, stupenda per il gioco. Dopo 33 anni, dopo la Coppa Uefa persa contro la Juventus nel 1990 nel modo in cui molti ricordano, la Fiorentina torna a giocare la finale di una coppa europea. Non è la Champions (lì c’è l’Inter), non è l’Europa League (lì c’è la Roma), ma va bene anche la Conference. Tre italiane in finale, anche questo è un grande risultato per la Fiorentina, dentro un momento fantastico, con una finale il 7 giugno a Praga contro il West Ham, un’altra fra meno di una settimana all’Olimpico contro l’Inter. E col campionato che offre ancora la possibilità di un ottavo posto.
A Praga ce l’ha trascinata Nico Gonzalez, finalmente ai livelli più alti, i livelli di un grande giocatore. Doppietta e prestazione totale, attacco e difesa, di forza, di coraggio, ma anche di tecnica, di intelligenza. Insieme a Bonaventura, Dodo, Biraghi, Amrabat e alla fine Barak, è stato l’anima di una partita di cui la Fiorentina non ha mai perso il controllo, nemmeno quando ha preso un gol stupido che stava per rimettere tutto in discussione.
Il calcio di Italiano è emerso con tutta la sua forza per 120 minuti. Quando a metà primo tempo Biraghi ha cercato Dodo con un cambio gioco, da sinistra a destra, l’allenatore si è alzato urlando dalla panchina e indicando al capitano una direzione chiara, netta, l’unica che conosce, la sua stella polare: palla avanti. Ha sorpreso anche l’aspetto fisico, nei tempi supplementari la Fiorentina ha continuato ad attaccare, a creare occasioni da gol, a dominare un avversario ormai piegato su se stesso. La riflessione è la stessa che facciamo da un anno e mezzo: con un bomber, un bomber vero, questa squadra andrebbe chissà dove. I tre gol che ha sbagliato Jovic nei tempi supplementari rientrano nella serie degli errori madornali e imperdonabili. Il Basilea era senza energie, non avrebbe mai rimontato. Per fortuna dell’ex madridista ci ha pensato Barak, uno dei simboli del calcio della Repubblica Ceca: tornerà a casa sua grazie al suo gol.
C’è stato un momento, uno solo, in cui la Fiorentina si è un po’ disunita. E’ successo intorno al 20' del primo tempo, quando il Basilea è uscito dalla sua metà campo per provare l’ebbrezza di un attacco. Dopo pochi minuti i viola sono tornati in possesso dell’iniziativa, delle posizioni, dei movimenti, hanno ripreso a giocare una partita seria, di intelligenza, una partita da squadra esperta pur sapendo che di esperienza internazionale non ne hanno, e alla fine l’hanno piegata a loro favore. E’ questo il senso di squadra, l’identità di squadra. Non c’era, nella Fiorentina, un giocatore in grado di saltare l’uomo e in quella folla di guardie svizzere non era semplice trovare una strada per arrivare in porta. Dopo mezz’ora nemmeno un tiro in porta perché il Basilea difendeva con otto giocatori a cui si aggiungevano anche i due attaccanti per pressare il primo portatore di palla. Per dire, in 45' l’ex più atteso, il re della Conference, Arthur Cabral, non si era mai visto. Non c’era il giocatore decisivo (verrà fuori un po’ più tardi...) ma c’era una squadra decisa a portare via la qualificazione per la finale. Da applausi.
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