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I principi del Presidente

Mendes, gli affari e le idee di Commisso. Le motivazioni del crac

GERMOGLI PH: 7 GIUGNO 2019

Il monopolio di acquisti-cessioni verso una sola figura è una prospettiva che non si è sposata con la mentalità del patron viola

Redazione VN

La nascita della Superlega aveva consentito a Rocco Commisso di esporre a tutto il mondo del pallone quelle che erano le sue idee per ristrutturare il calcio quasi dalle fondamenta. Due erano stati i punti cardine sui quali aveva preso le mosse il presidente della Fiorentina: l’introduzione di un salary cap e soprattutto l’abbattimento dei costi per le commissioni ai procuratori, tema sul quale la società viola si è dimostrato nel tempo uno dei club più trasparenti (come dimostrano i dati pubblici della Figc), pagando senza mai dilazionare le provvigioni ai manager con cui in questi due anni ha lavorato. Questo quanto troviamo scritto ne La Nazione, oggi in edicola. Ed è proprio su questo secondo punto che Commisso ha scelto di tornare a battere con forza, non appena ha avuto il sentore che, con l’ingresso negli affari viola di Jorge Mendes, molte delle trattative sul prossimo mercato estivo avrebbero dovuto prendere un indirizzo preciso. Con costi, di conseguenza, non sempre trattabili.

La forza della Fiorentina nei primi mesi di gestione italoamericana è stata del resto quella di poter imbastire trattative con tutti gli esponenti del mondo del calcio e il monopolio di acquisti-cessioni verso una sola figura è una prospettiva che non si è evidentemente sposata con la mentalità del patron viola Mediacom. Nelle ultime stagioni le transazioni effettuate dalla Fiorentina sono state molte, ma se si eccettua la stretta collaborazione con l’intermediario Davide Lippi, la squadra mercato gigliata: ha fatto affari con tante agenzie: dal gruppo dei fratelli Pastorello, fino ad Alessandro Lucci, passando per Michelangelo Minieri e Fali Ramadani.

 Photo by Catherine Ivill/Getty Images
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