Per puro spirito di contraddizione, l’Avvocato decide di vederlo lui stesso, e assiste a una sfida fra Portogallo-Svezia, al termine della quale dà immediato ordine di ingaggiare il ragazzo (che nel frattempo era diventato il capocannoniere del campionato svedese). Quindicimila dollari all’Aik e l’affare è fatto. Hamrin arriva a Torino per la stagione 1956-57, il presidente è Umberto Agnelli, il fratello dell’Avvocato, la squadra viene da una serie di stagioni deludenti e la classe di Hamrin non basta a risollevare la situazione. Segna otto gol, dribbla come un pazzo, fornisce molti assist e conquista i tifosi che, con lui, si divertono (soprattutto l’Avvocato), ma si infortuna spesso e, soprattutto, la Juventus arriva nona. Umberto decide di imprimere una svolta e nell’estate del 1957 vara la campagna acquisti di quello che si è stufato e vuole tornare a vincere. Tra gli altri campioni, prende John Charles e Omar Enrique Sivori. E il destino di Hamrin questa volta si traveste da regolamento della Figc che limitava a due gli stranieri. Hamrin è forte, ma non come quei due, quindi viene ceduto al Padova (in cambio di Bruno Nicolé, che diventerà un perno della Juventus). L’Avvocato se ne duole, perché prima di spedirlo in Veneto, la Juventus va in tournée proprio in Svezia, schierando Hamrin, Boniperti, Charles, Sivori e Stivanello, roba da matti, roba da trentasette gol in cinque partite. Ma il genio inebriante di Sivori anestetizza la nostalgia di Gianni Agnelli per Hamrin che a Padova fa bene, ma viene ceduto alla Fiorentina. Dove arriva dopo aver disputato la finale del Mondiale, nella quale la Svezia deve inchinarsi solo a sua maestà Pelé".
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