Il destino di Hamrin, tuttavia, si traveste da minatore italiano emigrato in Svezia. E sceglie la sua calligrafia per arrivare in modo quasi incredibile sulla scrivania di Giovanni Agnelli, presidente della Fiat e proprietario della Juventus. «Sono un operaio italiano, seguo spesso la squadra locale dell’aia Solna e secondo me c’è un giocatore che dovreste prendere nella Juventus, si chiama Kurt Hamrin, è molto giovane, ma già molto forte e geniale».
Poco altro poteva incendiare di più la curiosità dell’Avvocato. In quegli anni seguiva la Juventus con un certo distacco, era la Juventus dei Puppanti, ovvero un gruppo di giovani interessanti, guidati da un allenatore, Sandro Puppo (appunto), che oggi sarebbe stato una via di mezzo fra De Zerbi e Palladino. I risultati non erano brillantissimi e mancava la scintilla per appassionare i tifosi, a partire dal primo, l’Avvocato. Agnelli spedisce lo stesso Puppo a vedere Hamrin. E Puppo torna deluso: «Non vale granché».
Per puro spirito di contraddizione, l’Avvocato decide di vederlo lui stesso, e assiste a una sfida fra Portogallo-Svezia, al termine della quale dà immediato ordine di ingaggiare il ragazzo (che nel frattempo era diventato il capocannoniere del campionato svedese). Quindicimila dollari all’Aik e l’affare è fatto. Hamrin arriva a Torino per la stagione 1956-57, il presidente è Umberto Agnelli, il fratello dell’Avvocato, la squadra viene da una serie di stagioni deludenti e la classe di Hamrin non basta a risollevare la situazione. Segna otto gol, dribbla come un pazzo, fornisce molti assist e conquista i tifosi che, con lui, si divertono (soprattutto l’Avvocato), ma si infortuna spesso e, soprattutto, la Juventus arriva nona. Umberto decide di imprimere una svolta e nell’estate del 1957 vara la campagna acquisti di quello che si è stufato e vuole tornare a vincere. Tra gli altri campioni, prende John Charles e Omar Enrique Sivori. E il destino di Hamrin questa volta si traveste da regolamento della Figc che limitava a due gli stranieri. Hamrin è forte, ma non come quei due, quindi viene ceduto al Padova (in cambio di Bruno Nicolé, che diventerà un perno della Juventus). L’Avvocato se ne duole, perché prima di spedirlo in Veneto, la Juventus va in tournée proprio in Svezia, schierando Hamrin, Boniperti, Charles, Sivori e Stivanello, roba da matti, roba da trentasette gol in cinque partite. Ma il genio inebriante di Sivori anestetizza la nostalgia di Gianni Agnelli per Hamrin che a Padova fa bene, ma viene ceduto alla Fiorentina. Dove arriva dopo aver disputato la finale del Mondiale, nella quale la Svezia deve inchinarsi solo a sua maestà Pelé".
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