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La parabola di Cabral: sognava il mondiale, ora rischia di essere ceduto

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A quasi un anno dal suo arrivo a Firenze per sostituire Vlahovic, il bilancio di Cabral è decisamente negativo. Il club vorrebbe sostituirlo ma prima deve riuscire a cederlo

Redazione VN

Il Corriere Fiorentino si concentra su Arthur Cabral con un articolo dal titolo "La parola di re Artù". Un anno fa, di questi tempi, segnava a raffica e sognava il Qatar. Un gol dopo l’altro, fino al trono (provvisorio) della classifica cannonieri della Conference League. Ieri, invece, Arthur Cabral, si è regolarmente presentato al centro sportivo per riprendere la preparazione con la Fiorentina e magari, nel pomeriggio, si sarà messo davanti alla tv a tifare Brasile. "Ho scelto Firenze anche per inseguire il sogno mondiale", disse nel giorno della sua presentazione.

Non è andata così e oggi, esattamente undici mesi dopo il suo acquisto (l’annuncio arrivò il 29 gennaio) l’ex Basilea convive con la sensazione di esser stato bocciato. Perché è vero, il tentativo (com’era prevedibile) è andato a vuoto, ma il fatto che il dg Barone lo abbia offerto al Bologna in cambio di Arnautovic vale più di mille parole. Del resto, sono i numeri a condannarlo: dal suo esordio in serie A (il 5 febbraio scorso, contro la Lazio) Cabral tra campionato, Coppa Italia e Conference ha collezionato 35 presenze con la maglia della Fiorentina, per un totale di 1.677 minuti e (solo) 6 gol segnati. Uno ogni 279. Troppo poco per uno pagato (circa) 15 milioni.

In campionato Arthur ha giocato da titolare soltanto 5 partite, subentrando in altre 7 occasioni e restando in panchina per tutti i 90’ in altre tre. È andata un po’ meglio in coppa, con 5 gare giocate dall’inizio (le due del playoff e tre nel girone), e due ingressi da subentrato. Il rendimento, comunque, è rimasto simile a quello dell’anno scorso: 813’ giocati, e 4 reti. Una ogni 203’. Un miglioramento troppo timido per convincere la Fiorentina a dargli davvero fiducia.

Come suo eventuale sostituito, nelle ultime ore è circolato anche il nome di Beto dell'Udinese e questo se non altro dimostra che stavolta, almeno nelle intenzioni, i dirigenti sembrano intenzionati a seguire le indicazioni dell’allenatore: giocatori pronti, e che conoscano la serie A.

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