Una Fiorentina deludente, non solo le punte in crisi, anche gli esterni non rispettano le aspettative: solo Nico Gonzalez si salva
La mancanza di gol non è sempre colpa del centravanti, perché nella testa di Vincenzo Italiano anche gli esterni offensivi sono a tutti gli effetti da considerarsi attaccanti. Lo spiegò il tecnico della Fiorentina nelle settimane successive alla cessione di Dusan Vlahovic alla Juventus. Non più un numero nove a tutti gli effetti al quale aggrapparsi ma un concetto, nella concezione di Italiano, che doveva allargarsi anche agli altri interpreti offensivi. Quasi due anni dopo il discorso non è cambiato: il tecnico è passato dal 4-3-3 al 4-2-3-1 come modulo di base, ma in realtà quando la sua squadra sviluppa il gioco, questi numeri hanno poco senso. Perché nella filosofia del tecnico, quando si sviluppa il gioco e si avanza fino agli ultimi metri, quel che importa è muovere più giocatori possibili nell’area avversaria. Che siano centrocampisti, esterni, attaccanti. O, come accaduto con Quarta, anche difensori. Un modo per ovviare a una discontinuità sotto porta da parte dei centravanti. Non è un caso che sia Cabral che Jovic, la scorsa estate, siano partiti. Numeri alla mano, i due ex viola stanno faticando tantissimo a ritrovare la via del gol eppure nella loro stagione insieme avevano messo a segno trenta reti in tutte le competizioni. Italiano e il suo staff cercano sempre nuove soluzioni e anche stavolta, di fronte alla crisi di rendimento di Beltran e Nzola (un solo gol in due in campionato, finora), proveranno a inventarsi qualcosa.
Capitolo esterni
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Ma tornando al tema degli esterni offensivi, e del fatto che debbano sentirsi a tuti gli effetti come degli attaccanti, qualcosa non sta girando per il verso giusto. Eccezion fatta per Gonzalez, fuoriclasse di questa Fiorentina coi suoi otto gol tra campionato e Conference. Gli altri quattro esterni messi insieme arrivano a sole cinque reti, di cui soltanto due messe a segno in campionato. Ikoné, Brekalo, Sottil, Kouamé. Nico ha sempre il posto assicurato, così come Bonaventura che da solo ha segnato quanto tutti gli esterni. E poi? Italiano alterna prima l’uno, poi l’altro. E così via. Ikoné ha lo strappo, la rapidità, in alcune occasioni anche l’abilità nell’uno contro uno. Ma non segna, non è concreto. Per lui due gol, entrambi in Conference contro Ferencvaros e Cukaricki. Brekalo è più ordinato, più dialogante con la mediana e gli altri interpreti, ma anche lui non incide sotto porta e quando ci ha provato, in passato, ha spesso colto il palo. Tanto che fu lui stesso, ironicamente, a ribattezzarsi “Brepalo”. Finora per il croato un solo gol, seppur davvero pesante, al Maradona contro il Napoli. Kouamé è quel giocatore che ogni allenatore vorrebbe avere nella sua rosa: duttile, con una gran corsa, attento alla fase difensiva, sempre pronto a dare una mano che sia titolare o subentrante. Mai un gesto di stizza, mai una parola fuori posto. Ma sotto porta? Una sola rete, alla quarta giornata, contro l’Atalanta. Infine Sottil, che dopo l’infortunio della scorsa stagione non riesce a ritrovare continuità non soltanto in termini di gol (soltanto uno fin qui, nella goleada col Cukaricki) ma anche e soprattutto di prestazione. Dà sempre l’impressione di poter spaccare la gara, salvo poi arrivare negli ultimi metri e perdersi tra un dribbling di troppo e una conclusione fuori dallo specchio.