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La sciagurata finale del 3 maggio 2014, la finale di Genny ’a carogna, ha segnato l’inizio della fine dell’era Della Valle e, per certi versi, anche della speranza che fra tessere del tifoso, decreti, steward e tornelli la violenza sarebbe rimasta fuori dallo stadio. Di quella notte surreale e tragica non si ricordano le gesta del campo, la doppietta di Insigne, il gol sbagliato da Ilicic a pochi minuti dalla fine che avrebbe portato ai supplementari, la rete finale di Mertens. Si ricordano solo tanto caos e fumo, quello dei lacrimogeni della polizia chiamata a contenere la rabbia dei tifosi napoletani dopo l’uccisione di Ciro Esposito a opera (si è poi scoperto) di Daniele De Santis, un ultras della Roma appartenente ai gruppi di estrema destra. E poi il suono inquietante delle decine di bombe carta lanciate dentro lo stadio per non far iniziare la partita dagli ultras del Napoli, completamente padroni dell’Olimpico tanto da decidere se e quando quella finale si sarebbe potuta giocare. Nel tunnel degli spogliatoti gli sguardi smarriti dei giocatori, sugli spalti quelli impotenti, impietosamente inquadrati dalle telecamere, del Presidente della Repubblica, dei vertici del calcio e dei Della Valle, arrivati allo stadio per quella che sarebbe stata dovuta essere la prima grande festa della loro gestione e poi usciti dall’Olimpico con la consapevolezza che, forse, non valeva più la pena di continuare a restare in questo calcio. Lo riporta il Corriere Fiorentino.