Su La Gazzetta dello Sport troviamo una lunga intervista, fatta in stile cruciverba, al giocatore della Fiorentina Federico Bernardeschi. Tra gli argomenti trattati c'è anche il suo futuro e afferma:
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Bernardeschi: “Sto bene alla Fiorentina e se hai un contratto devi rispettarlo”
Le parole del giocatore della Fiorentina alla Gazzetta dello Sport: "La 10? Chiesi a Pasqual, Borja e Gonzalo se fosse da presuntuosi".
"Io oggi sto bene alla Fiorentina, e se hai un contratto lo devi rispettare: certe cose si decidono sempre in due. Il futuro nessuno lo conosce. Per me l'Inter è la stessa di quando la affrontai con i Pulcini e viste le facce spaventate dei miei compagni dissi "Non sono per forza più forti di noi, giochiamocela". Volevo trasmettergli la mia emozione. Perché con l'Inter è una di quelle partite in cui pensi "E' proprio bello fare questo mestiere". E a San Siro, poi: lì vale tutto doppio. Il loro momento difficile? Visto da fuori un po' dispiaceva, ma Pioli è un tipo quadrato, ne verranno fuori. Si dice che un giorno potrei diventare del'Inter? Ho letto, ma ho letto anche del Barcellona, della Juve: nel calcio quasi tutto è nuvola, solo quello che non è nuvola diventa fuoco".
"Il 10? L'idea mi ronzava in testa da un po'. Quando Aquilani lo lasciò libero chiesi a Pasqual, Gonzalo e Borja "Lo vedreste come un gesto presuntuoso?". La risposta fu no: a quale punto zero dubbi. Mai pensato "Chissà quanto peserà" ma solo "Me lo devo meritare". E un anno e mezzo dopo dico: non pesa, anzi è una forza in più".
"L'infortunio? La beffa fu rompermelo da solo: un salto e "track", proprio il rumore che si racconta. E il dolore anche, insopportabile. Come curarsi e allenarsi da solo, guardando gli altri dietro un vetro: una gabbia, ti manca l'aria. E però cresci: diventi più forte e apprezzi gli allenamenti di tutti i giorni. Nel piede ho ancora una placca e sei viti: non li ho tolti, restano lì per ricordo".
"Manchester? Ero orgoglioso sì, ma l'idea non mi esaltava più di tanto. A Firenze stavo bene, sapevo che sarei diventato un calciatore e poi credo al destino: vuol dire che la mia strada era questo. E comunque Corvino c'entra anche in questa storia, Vergine fu chiaro: "Dice il direttore che non se ne parla". Papà era d'accordo con lui, l'ultima parola fu mia e non me sono pentito, anche con la testa dei 22 anni e non dei 17 dico che era presto: si va all'estero se si è già calciatori, da ragazzini si deve pensare a lavorare".
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