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Antognoni, 50 anni viola: “A differenza di Bati e Rui sono rimasto a Firenze”

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L'Unico 10 racconta l'esordio con la maglia della Fiorentina

Redazione VN

Giancarlo Antognoni, umbro di Marsciano, apre il cassetto dei ricordi sulle colonne de La Nazione per tornare all’inizio del grande amore con Firenze, a 50 anni dal suo esordio in serie A con la maglia della Fiorentina. Era il 15 ottobre 1972, in Verona-Fiorentina 1-2.

Nozze d'oro viola

Comincia qui un grande amore che dura tuttora. Antognoni racconta di essersi subito sentito accolto nel modo giusto dai fiorentini, ha avuto subito la sensazione di essere accolto bene. E di quel giorno a Verona ricorda che già in settimana sapeva che avrebbe giocato al posto di De Sisti. Anche se si rivelò una settimana molto lunga. Da giocatore della Primavera a essere buttato nella mischia per giocare in serie A è un bel salto. Una settimana vissuta intensamente, soprattutto dal giovedì quando Liedholm gli disse che sarebbe toccato a lui.

Luna di miele a Firenze

Andò talmente bene da essere definito «il ragazzo che gioca guardando le stelle». Una definizione che - spiega Antognoni - coglieva la caratteristica di giocare con il pallone tra i piedi e la testa alta. Ha avuto una carriera straordinaria: amatissimo in viola, campione del mondo, a Firenze ha vinto poco, ma non  è pentito essere andato altrove «perché l’amore dei tifosi viola e di Firenze mi ripagano di tutto. Di certo avrei preferito vincere lo scudetto nella Fiorentina invece del Mondiale»

Ricordi dolceamari: la stagione '81-'82

Il momento più brutto e il più bello della sua carriera? «E’ racchiuso in una sola stagione: l’81-’82».In che senso? «In quella stessa stagione ho vissuto il brutto dell’infortunio alla testa quando ho rischiato di morire, il bello del rientro in campo, il brutto di aver perso lo scudetto all’ultimo, il bello di aver vinto il Mondiale, il brutto di non aver potuto giocare la finale per infortunio». Antognoni ci tiene a ringraziare i fiorentini per tutto quello che hanno dato a lui e alla sua famiglia. Ancora oggi è molto amato: «per quello che ho fatto e perché a differenza di altri come Baggio, Rui Costa e Batistuta, io sono rimasto».

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