Per i tifosi viola la stagione 98/99 è stata un'altalena di emozioni, la prima dopo sedici anni in cui a Firenze circolò nuovamente la parola Scudetto, ma si trasformò nella stagione dei rimpianti culminata nel terzo posto finale alle spalle di Milan e Lazio e in una finale di Coppa Italia persa. Ma andiamo con ordine: in estate la Fiorentina cambia guida tecnica, via Malesani che va a Parma – una squadra che riecheggerà sinistra in quell'annata - e dentro Trapattoni, uno che ha scritto pagine gloriose della storia juventina accolto tra i mugugni. Arrivano giocatori di caratura internazionale, quali Amor dal Barcellona, Heinrich dal Borussia Dortmund, Repka dallo Sparta Praga e Torricelli dalla Juve, più qualche gregario di contorno come Esposito dall'Empoli. La squadra parte forte, vince quasi sempre – inciampando all'Olimpico contro la Roma sotto i colpi della meteora Gustavo Bartelt – e viaggia spedita sia in campionato che nelle coppe.
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STORIE VIOLA – 98/99, la stagione del grande sogno infranto
La bomba carta di Salerno, l'infortunio di Batistuta e la saudade di Edmundo. Una stagione da sogno per la Fiorentina che diventerà un tabù
La prima sliding door della stagione arriva il 25 ottobre quando al Franchi la Salernitana viene demolita dalle doppiette di Edmundo e Batistuta, ma ci saranno tafferugli tra le tifoserie (ahi). Il 3 novembre infatti la Fiorentina va a Salerno per il ritorno dei sedicesimi di Coppa Uefa contro il Grasshoppers, complice la squalifica del campo dopo la sassaiola di monetine di un anno prima contro il Barcellona, e qualcuno nella città campana ha voglia di vendicarsi. 1-2 in Svizzera, 2-0 alla fine del primo tempo e qualificazione messa in saccoccia, ma dalla curva deserta dell'Arechi alcuni tifosi locali lanciano una bomba carta che ferisce il guardalinee e stordisce Lulù Olivera che aveva appena messo a segno una doppietta. Partita sospesa, qualificazione per gli svizzeri a tavolino, considerata oggettiva la responsabilità dei viola per l'accaduto. A niente valgono ricorsi e appelli, addio Coppa Uefa.
In campionato però la squadra riparte, e si candida Campione d'Inverno dopo il 4-2 al Cagliari del 17 gennaio 1999. Batistuta è una macchina perfetta da gol, Rui Costa inventa, Edmundo incanta, Oliveira si sacrifica e ognuno dà il suo contributo. La rosa però è corta, troppo corta, e a gennaio arriva il solo Ficini dall'Empoli. Un azzardo che non ripagherà Vittorio Cecchi Gori. Il 7 febbraio a Firenze arriva il Milan, è 0-0 fino quasi al 90' quando Batistuta lanciato verso la porta di Abbiati si ferma e si accascia al suolo: lo stadio si ammutolisce. Stiramento al collaterale dirà il referto medico, una pietra tombale sul terzo scudetto. Sì perché Trapattoni non trova le contromisure e perde Edmundo che se ne esce fuori con una leggendaria clausola contrattuale che gli permette di andarsene in Brasile durante il periodo del Carnevale. Circa venti giorni di vacanza a ritmo di samba e a tracannare cachaça nel bel mezzo della stagione, avallato dalla parola di un VCG oltremodo permissivo.
La Fiorentina va a singhiozzo in quel girone di ritorno, dice addio ai sogni tricolore ma riesce comunque a conservare il terzo posto in campionato che vuol dire Champions League. Ci penserà Malesani, il Parma e Paolo Vanoli a trasformare quella che poteva essere un'annata da sogno a una da incubo. Nella finale di Coppa Italia infatti i viola sono avanti 2-1 (gol di Repka e Cois dopo l'1-1 del Tardini) ma il terzino mancino sul cross di Enrico Chiesa gela tutti quanti. Due anni dopo i protagonisti cambieranno sponda e regaleranno alla Fiorentina l'ultimo trofeo della sua storia, ma i gialloblu - grazie ancora ad un Paolo Vanoli in versione goleador - si porteranno a casa anche la Coppa Uefa rifilando un secco 3-0 al Marsiglia. Già, quella coppa dalla quale la Fiorentina era stata estromessa senza colpe da cinque salernitani che avevano voglia di vendicarsi.
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