Il 15 ottobre del 1972 è la data legata a un uomo che ha speso tutta la sua carriera per i colori viola. Quel pomeriggio d'autunno allo stadio Marcantonio Bentegodi di Verona esordiva con la maglia numero 8 e il giglio sul petto Giancarlo Antognoni. Un giocatore che in campo ha fatto innamorare generazioni di tifosi e la cui leggenda è arrivata fino ai giorni nostri; anche chi non ha potuto ammirare negli anni '70 e '80 le sue gesta sul rettangolo verde ha il padre, un nonno, un amico che ha potuto osservare da vicino e narrare le gesta e la parabola un campione tanto elegante in campo quanto sfortunato.
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STORIE VIOLA – 15 ottobre 1972, l’esordio di Antognoni in Serie A: inizia l’epopea dell’Unico 10
Antognoni e la Fiorentina, il legame indissolubile tra l'Unico 10 e la maglia viola: oggi vi raccontiamo come tutto ebbe inizio
La Fiorentina lo scovò in Serie D in una piccola società di Asti, ed Egisto Pandolfini – uno dei miti viventi del calcio fiorentino e al tempo allenatore delle giovanili, scout e mentore di molte altre promesse come Roggi e Guerini - caldeggiò il suo nome al presidente Ugolini e all'allenatore di allora Nils Liedholm che ne rimase subito impressionato. Nel 1971 Ugolino Ugolini si sedette sulla poltrona di presidente viola e sin da subito la politica societaria fu quella di far quadrare il bilancio e provare ad ottenere risultati soddisfacenti. L'emergente Liedholm porta la Fiorentina al quinto posto nel '71/'72 e dà l'ok al trasferimento di Antognoni per 435 milioni. Il suo merito, oltre che portare la squadra al quarto posto nell'annata '72/'73, fu quello di lanciare Antonio nel calcio che conta. Il giorno dopo il suo esordio in Serie A (vittoria per 1-2 contro l'Hellas Verona), la stampa ne elogiò le qualità e la prestazione definendolo sin da subito il nuovo Rivera.
Numero 10 per vocazione naturale, L'Unico 10 per tutti, a Firenze ha speso – e spesso sacrificato – tutta la sua carriera alla causa viola. 429 partite e 72 gol non rendono del tutto l'idea di ciò che ha rappresentato Antognoni per la Fiorentina. Due infortuni gravissimi hanno minato infatti la sua carriera: nel novembre '81 la ginocchiata alla testa del portiere del Genoa Silvano Martina gli causò una frattura al cranio e gli fermò addirittura il battito cardiaco per alcuni minuti, tre anni dopo un tackle con il sampdoriano Luca Pellegrini riportò la frattura scomposta di tibia e perone.
In viola ha vinto solo una Coppa Italia e la Coppa di Lega italo-inglese nel 1975, ma la più grande soddisfazione della carriera se l'è tolta vincendo il Mundial 1982, non riuscendo però – altra beffa dopo lo scudetto sfuggito all'ultima giornata nello stesso anno – a scendere in campo nella finale contro la Germania per un infortunio patito contro la Polonia. In Svizzera ha speso gli ultimi scampoli di carriera da calciatore, per tornare alla Fiorentina come general manager sotto la presidenza Cecchi Gori. Dopo 15 anni di esilio - si dimise dal suo incarico dopo l'esonero di Fatih Terim - e di gelo con i Della Valle, da un anno è tornato in viola nelle vesti di team manager: la leggenda di Antognoni può così continuare...
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