L'altro ieri a Rio, con la maglia del Vasco de Gama, ha dato per l’ennesima volta l’addio al calcio. L’ennesima, perchè di sue gare di saluto ce n’erano state già almeno altre due, ma che importa? Gli addii dei campioni possono essere lunghi come l’omonimo romanzo di Chandler. In fondo, proprio come Philip Marlowe, cos’altro è stato Edmundo de Souza Neto (detto per la sua educazione bocconiana «O’ Animal») se non un personaggio letterario?
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Quando manca Edmundo ai viola…
L’altro ieri a Rio, con la maglia del Vasco de Gama, ha dato per l’ennesima volta l’addio al calcio. L’ennesima, perchè di sue gare di saluto ce n’erano state già almeno …
Che storia la sua in viola. Breve eppure enorme. Innamorato del Brasile e delle sue spiagge, quando arrivò a Firenze in pieno inverno chiese una casa vista mare. Non potendolo soddisfare per motivi topografici, gli fecero allora vedere due meravigliose abitazioni d’epoca, soffitti in legno e pianoforte in sala. Lui le guardò, poi chiamò il procuratore: «Se mi fanno vedere un’altra casa di merda come queste torno in Brasile!».
Incorreggibile nella vita come gli uragani, Edmundo è stato però sul campo uno fra i dieci più forti giocatori che abbiano vestito il viola. Nella Fiorentina abbondante del Trap, la sua carica anarchica di talento lo fece lo stesso emergere per fantasia. Alcune sue giocate irriverenti stanno ancora lì a galleggiare fra la prepotenza tecnica e il gesto mistico. Certo, come tutti i talenti naturali, era sregolato come la valvola di uno scooter truccato. Una sorta di Cerci senza romanità ma con con tonnellate di classe in più. Anche lui, infatti, spesso si assentava dalla gara. Ma quando decideva di rientrarvi, poteva cambiare da solo il finale. Restano negli occhi un gol a Parma, uno con l’Udinese e due all’ Hajduk, con una cisti in fronte che lo fece somigliare più a un unicorno che non a un bomber.
Libero come la tramontana, selvaggio come la Maremma, quel febbraio quando Bati si infortunò fece un gesto che molti fiorentini vissero come un tradimento. Al possibile scudetto viola, lui preferì il samba del carnevale. La ragione lo condanna ancora oggi, il cuore forse no. Perché, come tutti i bimbi che vedono il calcio come un gioco e non come un modo per sfangare la vita, lui corse verso un altro gioco che in quel momento lo divertiva di più. Non era instupidito dalla vanità, Edmundo, era solo innocente come un animale, avrebbe potuto scrivere Gaber. Quanto manca alla Fiorentina di oggi un trasgressore di calcio come lui, che torni a far sognare per un dribbling prepotente, una pernacchia alle gerarchie, magari anche una fuga contro la ragione.
Stefano Cecchi - la Nazione
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