5 alla rinuncia a Gud. L'islandese è uno dei veri misteri della stagione gigliata. Il feeling con Palladino non è totale e ci sta, ma la domanda resta sempre la stessa: questa squadra può permettersi di lasciarlo in panchina in match vitali come quello dell'Olimpico? Quando è entrato non è stato devastante, è vero, resta però il fatto che l'ex Genoa può diventare decisivo a ogni pallone che tocca. E regge poco anche la tesi che è stato preservato per giovedì: prima della gara di ieri, non era ancora il momento di dare priorità a un obiettivo.
7 alle parate di Svilar. Di fronte a un totem del ruolo come De Gea, il belga naturalizzato serbo ha sfornato cinque interventi decisivi. Magari nessuno particolarmente appariscente ma tutti dal quoziente di difficoltà piuttosto elevato. Ha ipnotizzato Kean e quest'anno nessun altro portiere ci è riuscito, ma la parata più bella è stata forse quella di piede sul tiro di Mandragora. Venticinque anni, il futuro non può che essere suo.
8 al cuore di Bove. E' davvero "più forte di un destino avverso", come recitava lo striscione apparso in tribuna all'Olimpico in onore dell'ex centrocampista giallorosso. Che deve "continuare a sognare" per citare un altro vessillo, esposto dalla Sud. L'abbraccio collettivo degli oltre 63.000 romanisti a Edo è stato struggente, ogni applauso che si è preso, meritato. Pur di restare nel calcio ha accettato di entrare nello staff tecnico di Palladino e ora chiama Nunziata per farsi portare all'Europeo Under 21. La Federazione gli inventi subito un ruolo, è il minimo.
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