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Malesani racconta: “Io vs Cecchi Gori, lo spogliatoio con me. Poi il Parma…”

Redazione VN
L'ex allenatore della Fiorentina si racconta ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, con qualche aneddoto del passato

Alberto Malesani, ex allenatore della Fiorentina, si è raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, descrivendo qualche aneddoto del passato riguardante il mondo viola. Ecco le sue parole:

Malesani, quel mancato passaggio al Milan nel 2002 fu la svolta della sua carriera?

"Ci ho riflettuto spesso e direi di sì. Da allora in poi il mio percorso non è stato così positivo come negli anni precedenti. Sono comunque soddisfatto, non sto lì a piangermi addosso".

Tre anni prima, nel 1999, sulla panchina del Parma, nell’arco di cento giorni vinse Coppa Italia, Coppa Uefa e Supercoppa Italiana. Incredibile. 

"Una cavalcata indimenticabile. Avevamo una squadra pazzesca: Buffon in porta; Thuram, Sensini e Cannavaro in difesa; Fuser e Vanoli sulla fasce; Dino Baggio, Boghossian, Veron a centrocampo; Crespo e Chiesa in attacco. Giocavamo un calcio moderno, spettacolare, tutto pressing e sovrapposizioni. Purtroppo non arrivammo allo scudetto, ma forse tutto l’ambiente, all’epoca, non era attrezzato per un’impresa simile".

L’anno prima, alla Fiorentina, fece innamorare i tifosi. 

"E i giocatori, da Rui Costa a Batistuta. Quando ebbi qualche discussione con il presidente Cecchi Gori lo spogliatoio si schierò dalla mia parte. Andammo a vincere a Parma, il cavalier Calisto Tanzi rimase impressionato dal gioco della mia Fiorentina e il giorno dopo mi convocò nel suo ufficio a Collecchio per ingaggiarmi. Ero libero, dissi subito di sì".

Il calcio lo segue ancora? 

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"Confesso che avevo avuto un sentimento di rigetto, qualche anno fa. Ma ora mi sono riavvicinato al pallone e lo sa di chi è il merito? Dei nuovi allenatori che ci sono in Serie A. Mi piacciono, ammiro il loro modo di fare calcio. Parlo di Italiano, di Baroni, di Fabregas. Studio le loro tattiche, io sono un maniaco della tattica, mi tengo aggiornato, penso a che cosa farei io se dovessi affrontarli, a quali mosse sceglierei. È un modo per sentirmi ancora dentro il campo. Ritengo che la scuola italiana degli allenatori sia la migliore al mondo, e dobbiamo tenercela stretta".