Sono usciti fuori nomi di molto giocatori. La cosa che li accomuna è la voglia di vivere delle emozioni come l'adrenalina, è così?
—Si, certo. Fagioli a teatro ha descritto questi lunghi pomeriggi in cui era da solo. Fagioli si è trovato in un contesto dove i compagni erano più grandi o già inseriti nel territorio, e il gioco assumeva anche un valore relazionale. In più, si trattava di gioco clandestino, una realtà più nascosta e rischiosa, che comporta conseguenze più gravi.
Colpisce leggere frasi di Fagioli sui compagni che perdono soldi. Che meccanismi subentrano?
—Il gioco d’azzardo può avere effetti simili a quelli di una sostanza, alterando il comportamento e la fisiologia delle persone. Chi ne è coinvolto può cambiare profondamente e agire spinto dal disagio interiore. In casi come quello di Fagioli, il contesto era aggravato da debiti e dalla presenza di persone legate al giro delle scommesse clandestine, un ambiente pericoloso da cui è difficile uscire.
Ora comincerà un nuovo periodo non semplice per lui
—Con il riemergere della vicenda, per Fagioli si riapre una ferita che sta cercando di sanare. I clinici, in questi casi, cercano di riconoscere e affrontare la fragilità, la solitudine e l’isolamento alla base del problema.
Si può ipotizzare che il Fagioli ludopatico non esista più?
—Me lo auguro per lui, perché ha fatto un grane sforzo. Lui stesso ha detto: spero che sia un capitolo chiuso, ma bisogna tenere la guardia alta in ogni momento
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