Al momento del malore di Bove, mi sono bloccato. Mi è salita la pelle d'oca nel vedere quel cordone di ragazzi attorno a lui. Non ce l'ho fatta a continuare a guardare un film gia visto, ho lasciato la birra e sono scappato a casa. Si era riaperta una ferita troppo dolorosa. Il giorno dopo ho preso coraggio. Lo stesso che Eriksen ebbe con me quando mi disse: 'Sonny, io sono tornato, provaci anche tu'. Prendo coraggio: 'Edo, sappi che se vuoi parlare ci sono', scrivo. Poi mi ha chiamato. Cosa ci siamo detti? Non siamo entrati nel merito, non c'era bisogno. Volevo solo trasmettergli la stessa forza che a me trasmise Eriksen quando ero in un letto d'ospedale a fissare il vuoto. E tranquillizzarlo sulla 'macchinetta', dato che la porto da due anni, nonostante il ciclismo e il calcio siano differenti
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