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Cecchi: “Genialità e indolenza. Il talento nel limbo di Albert l’irrequieto”

Cecchi
L'analisi di Stefano Cecchi sul momento di Albert Gudmundsson. Immagini che "intirizziscono il cuore" (La Nazione)
Redazione VN

Un'anima persa del limbo, di quelle che vagano indolenti senza una meta precisa, escluse da ogni possibilità di redenzione. L'immagine non è edificante eppure a questa rimanda la gara dell'altra sera di Gudmundsson, 45 minuti di vuoto cosmico senza mai un'iridescenza, un lampo di luce a rompere il buio sportivo. Ed è un immagine che intirizzisce il cuore. Perché di questa Fiorentina, Gudmundsson doveva rappresentare l'eccellenza, il sidol col quale si doveva lucidare e rendere splendente l'intera argenteria della rosa. Invece questa versione luccicante la si è vista troppo poco per potersi dire appagati. La mezza gara con la Lazio, ribaltata da due suoi rigori. E poi la partita con il Milan, incendiata da un suo gol. Poco altro. Perché dopo l'infortunio nella gara di Lecce, quella che si è ripresentata è la sua versione pallida. L'ombra di un giocatore che all'inizio avevano paragonato a sua vastità Hamrin per quei calzettoni abbassati e quell'idea di ghiaccio pronto ad incendiarsi come un geyser prestato al calcio.

A pensarci oggi sembra un'eresia. Cosa è successo dunque nel frattempo a mutarne la percezione? Chissà. Dicono che Gud non abbia un carattere facile. Che dietro quell'immagine di piccolo elfo nordico quieto si nasconda un'anima incandescente. Raccontano anche che lo scorso anno a Genova Gilardino abbia dovuto usare la pazienza che fu di Giobbe e degli assistenti di Sgarbi per gestire quel giocatore talentuoso ma irrequieto, non riuscendo lo stesso ad evitare una pericolosa rotta di collisione con l'altro attaccante Retegui. Gudmundsson, un apparente falso pacifico con dentro la turbolenza dei Mutu e degli Edmundo. Anche per questo quando Pradé se ne é uscito con quel j'accuse contro coloro che hanno il mal di pancia, in tanti hanno pensato a lui. Un pensiero sbagliato? Difficile dirlo. Certo è che senza il suo talento la Fiorentina perderebbe molto. Perderebbe la possibilità di alzare il tasso tecnico della squadra al livello di altre formazioni in corsa per l'Europa. Perderebbe il sogno di vedere all'opera una coppia d'attaccanti che sembrava fatta per distruggere difese avversarie.


Per questo, a prescindere da cosa ne abbia incrinato l'animo, oggi l'unica cosa che conta è recuperare al più presto la genialità potenziale di Gud e su questa edificare una ripartenza. Perché nel calcio non è bravo chi ha ragione ma chi riesce a tenere insieme il gruppo esaltandone le qualità e non espellendole. Una legge non scritta usata nel recente passato da Pran-delli con Mutu, per dirne una. A Palladino (e alla società viola tutta) il compito di fare altrettanto.

Gudmundsson
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