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Operazione fatturato, Commisso guarda al ‘modello Roma’

Un modello virtuoso e una crescita necessaria: tra il ritorno d'immagine e le strategie marketing, è il fatturato uno dei primi pensieri del numero uno viola

Giacomo Brunetti

"Il nome non basta, sono le strategie a fare la differenza. E anche Rocco Commisso è stato chiaro: «I ricavi devono salire». Niente plusvalenze o altri artifizi, solo mosse premeditate. Il mondo calcistico italiano è in continua evoluzione e, dopo anni di recessione, sta nuovamente mettendo la testa fuori dall'acqua di un mare pieno di debiti. Se fanno specie le parole pronunciate una settimana fa dall'Amministratore Delegato del Milan, Ivan Gazidis, facenti riferimento all'aver salvato il Milan dal fallimento e dalla retrocessione in Serie D, sono proprio i rossoneri la cartina tornasole del buon marketing. O, in questo caso, di una pessima gestione nella crescita del fatturato.

"CONFRONTI - Uno studio effettuto da Il Posticipo ha mostrato l'evoluzione dei ricavi di alcuni club italiani a partire dal 1994. Da una parte la Juventus, che vola con un +750% (da 47,3 a 402,3 milioni di euro), e l'Inter (+356%, da 63,2 a 288,3 milioni), dall'altra il cattivo rendimento del Milan, indissolubilmente primo 25 anni fa con 122,6 milioni di euro, che ha visto la crescita fermarsi a un esiguo +74%. Non basta il logo, dunque, perché la stessa Roma, che partiva da 47,6 milioni, è riuscita nelle ultime stagioni a implementare i propri ricavi considerevolmente.

"IL MODELLO CAPITALE - Proprio da qui parte Commisso, guardando il lavoro di James Pallotta. Tra rinnovamento e attesa per il nuovo stadio - status in comune con l'italoamericano a capo della Fiorentina - il proprietario del club giallorosso ha visto salire i propri ricavi a 250,8 milioni di euro. Non ancora abbastanza, certo, per poter competere con le grandi. I compromessi, specialmente sul mercato, adoperati dalla Roma hanno influenzato sia il dato, sia l'effettiva crescita. Le rivoluzioni messe in atto - dal marketing alla comunicazione - hanno però acceso i riflettori sui capitolini. Nel 2013, ad esempio, Pallotta ha deciso di cambiare il logo della società: colori più decisi e rimozione della dicitura 'AS', come da lui spiegato: «Nessuno nel mondo sa cosa voglia dire 'AS'. Un sacco di gente mi chiede hey, come sta andando con l’AC Roma?». Dall'acquisto dell'americano Bradley fino alla strategia nel mondo delle sponsorizzazioni. Nessun main sponsor (il contratto con Wind, presente all'arrivo di Pallotta, venne mandato a scadenza) mentre la Fiorentina ha scelto direttamente l'azienda di famiglia, Mediacom, per poter aumentare il proprio monte ingaggi e avere un ritorno d'immagine. I giallorossi hanno aumentato le sponsorizzazioni secondarie - da Volkswagen a Trenitalia - per accrescere gli introiti. E lo sponsor tecnico? Accordo decennale con Nike.

"MOSSE VIOLA - La gestione Pallotta non è piaciuta a più riprese nella piazza giallorossa, ma la crescita fuori dal campo è innegabile e destinata a proseguire. Per questo, Commisso può sicuramente guardare nella Capitale per trovare un modello virtuoso da cui prendere spunto. Non tanto per la simile provenienza con Pallotta, quanto per la situazione di partenza. Nella scorsa stagione, la Fiorentina investiva il 35% dei propri ricavi negli stipendi, cifra tra le grandi inferiore solo al modello morigerato dell'Atalanta. Non abbastanza per competere ad alti livelli. Il Torino, con un fatturato inferiore a quello della Viola (100,6 milioni per i gigliati nel 2018), si attestava al 57%, con un maggiore potere d'acquisto. Una Fiorentina, nel recente passato, troppo legata - come del resto le altre italiane - ai diritti televisivi: 7,7 milioni di ricavi da vendite, 92,9 milioni di ‘altri ricavi’, tra cui 7,9 milioni di sponsorizzazioni, 57,6 milioni dai Diritti Tv e 10 milioni da Proventi Pubblicitari. Commisso in tal senso ha una marcia in più e ha già iniziato a guadagnare dal ritorno d'immagine delle strategie attuate fin dall'insediamento avvenuto a giugno. In merito allo stadio, ad esempio e al contrario della Roma, sta passando dalle parole ai fatti: «Lo avremo in quattro anni». E con Ribery ha trovato il giusto compromesso tra tecnica e marketing: ogni volta che il francese salta un uomo, le immagini arrivano all'altro capo del mondo.

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