Paura
—Mi fa paura non avere, per la prima volta nella mia vita, una routine. Non ho uno schema da seguire, posso fare quello che voglio. Prima, mi svegliavo la mattina e sapevo che il mio obiettivo era allenarmi. Ora faccio 200mila cose in più, anche più importanti, ma arrivo a sera e mi chiedo: ma che ho fatto oggi? Non sono appagato allo stesso modo. Triste? Ma no, zero. So che questo è un periodo, una condizione temporanea. Il mio obiettivo è tornare a giocare a giugno. Ho ancora qualche visita da fare, i medici devono incrociare tutti i dati.
Giocare sì, ma dove?
—Se si decide di mantenere il defibrillatore sottocutaneo, in Italia non potrò giocare: qui da noi la salute viene prima dell’individuo, e non sto dicendo che sia una regola sbagliata. Ma all'estero sì, praticamente ovunque. Gliel’ho detto, il calcio è troppo importante per me, non posso permettere a me stesso di mollare così. Io ci riprovo, senza ombra di dubbio. Vedrò anche come starò: se avrò paura, se non sarò tranquillo… allora cambierà tutto. Non escludo affatto di poter togliere il defibrillatore: i medici mi stanno dicendo che c’è questa possibilità. E se fosse estero, non mi spaventa. Già quest’estate sono stato vicino ad andare a giocare all'estero (Nottinngham Forest, ndr). Non ho difficoltà ad adattarmi, mi basta trovare una mia routine.
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