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Bove: “Mi dicono che mi dimenavo e urlavo Fiorentina. A volte non trovo il senso”

Bove
Il racconto del centrocampista che si apre sul suo malore
Redazione VN

Edoardo Bove, calciatore della Fiorentina colpito a dicembre da un malore, ha parlato a Vanity Fair in una lunghissima intervista di cui vi riportiamo una parte, che comincia con le sue sensazioni la sera del recupero di Fiorentina-Inter, la partita che lo aveva visto collassare il 1 dicembre 2024:

Tutti volevano vedere la mia reazione. Mi sono detto: “E io gliela faccio vedere il meno possibile”. Ho voluto scappare, sì. Sono fatto così: non mi piace esternare le mie emozioni. Poi ho capito. In questo periodo tante persone mi hanno scritto raccontandomi di avere avuto un problema simile al mio: sono un ragazzo di 22 anni e non posso certo dare insegnamenti a nessuno, ma voglio testimoniare il fatto che è una cosa che può capitare, che non è così rara, e soprattutto che non sono un supereroe nell'essermi ritrovato a doverla affrontare.


Atteggiamento

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Ho rivisto subito, su Instagram, tutte le immagini. Preferisco prenderle di petto le situazioni, reagire immediatamente: se non posso farci niente, mi dico “andiamo avanti, vediamo cosa posso fare subito per stare meglio”. Capire le cause di quello che mi è successo è stato il passo successivo. Sono tornato subito con la squadra, sono sempre positivo, sorridente. L’idea che è passata è un po’ quella. Invece ci sono alti e bassi. Ci sono volte in cui mi sveglio e non so dare un senso alla giornata.

Immagini frammentate

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Ricordo davvero poco, che ero in campo e che a un certo punto ha cominciato a girarmi la testa come quando ti alzi troppo velocemente dal letto, ho avvertito una sensazione di spossatezza… e basta. Non ricordo di essere caduto. Mi sono risvegliato in ospedale, toccandomi le gambe perché pensavo mi fosse successo qualcosa al ginocchio, un incidente. Per me, all’inizio, non è stato difficile come per i miei cari: io non capivo nemmeno la gravità della situazione, pensavo di essere semplicemente svenuto. Loro invece sapevano di avere corso il rischio perdere un figlio, un amico, o di potermi rivedere in condizioni… brutte. Se ricordo qualcosa dei momenti in cui ho perso conoscenza? No, il nulla. Mi hanno raccontato, però, che quando ero in ambulanza ho fatto un po’ di casino: gridavo, mi dimenavo, dicevo cose a caso. Ho urlato “Fiorentina” fortissimo. Mi hanno dovuto legare.

Primi pensieri

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«Sincero? “Ammazza che figura di… davanti al mondo intero. Ma non potevi scegliere un altro momento?!”. Era la partita delle 18, quella per il primo posto in classifica, la stavano guardando tutti. Detesto farmi vedere vulnerabile. “Perché proprio nel momento migliore della mia carriera?” .Subito dopo, però, ho capito di essere stato molto, molto fortunato. Ho rischiato tanto, devo essere grato alla vita perché tutto è successo in un campo di calcio, col soccorso a portata di mano: in 13 minuti ero in ospedale. Non so come sarebbe andata, se fosse successo in un’altra circostanza. Dopo aver metabolizzato, mi sono sentito la persona più felice del mondo».

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