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Bove: “De Rossi mi ha scritto, Totti no. Ho unito l’Italia, ma sono uno normale”

Bove
L'ultima parte dell'intervista del centrocampista a Vanity Fair
Redazione VN

Di seguito l'ultimo estratto della lunga intervista di Edoardo Bove sulle colonne di Vanity Fair:

La mia fidanzata Martina, con una forza e un amore incredibili ha gestito una serie di situazioni non semplici, è riuscita a prendersi cura un po’ di tutti. Anche dei miei genitori. Ma ho ricevuto affetto da parte di tutti, non me l'aspettavo. Il mio caso ha quasi unito l’Italia, è stata una cosa potente. Per strada mi fermano anche i tifosi della Lazio per chiedermi come sto. Vede, alla fine se ti comporti bene, il bene ti torna indietro. De Rossi mi ha scritto, mi sarei arrabbiato se non l’avesse fatto. Totti no.

Lato positivo

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Forse che mi sono iniziato a vedere come “una persona normale”. Perché un ragazzino che inizia a giocare a calcio ha la sua strada segnata fin da giovanissimo, ha un obiettivo chiaro, fisso e ben definito. Ha un fuoco. In questo momento sto cercando di capire come mi senta nel vivere una vita senza quel fuoco. Un po’ mi piace, lo ammetto. Ma allo stesso tempo non è facile: non sono abituato a tutto questo tempo libero che ho per fermarmi a pensare, stare solo con me stesso, riflettere. Ora devo fare i conti con aspetti di me che non conoscevo: i miei difetti, i lati del mio carattere che posso migliorare.


Passato da tennista in erba

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Ci sto ripensando, infatti. Magari adesso mi si riapre una carriera… Il tennis è lo sport che mi ha aiutato di più nella mia formazione, mi ha insegnato a responsabilizzarmi. Quando perdi una partita piangi, cerchi delle giustificazioni… il vento, la pioggia, la sfortuna. Poi capisci che è solo perché hai giocato peggio del tuo avversario. Nel calcio si gioca in undici, le responsabilità sono sempre condivise, nel bene o nel male. Io sono per i giochi di squadra.

E la nazionale?

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Me lo sono chiesto tante volte. È un obiettivo, un sogno grande. Giocare in Nazionale significa entrare nella storia. Ma ora che mi è successo quello che mi è successo, devo ancora capire bene quali siano le regole in proposito. Due scenari. Il primo: continuo a giocare a calcio. Il secondo: nel caso in cui non potessi più farlo, lotterei per per trovare un nuovo fuoco dentro di me, che mi possa rendere sereno. Quella è la cosa più importante. Il giorno in cui andando ad allenarmi non mi sentissi più felice, sarei il primo a dire "ciao a tutti". Scommetterei sul primo.

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