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—Parlare di Astori per me è sempre toccante. E' stato un mio compagno, è stato il mio capitano per eccellenza. E' stata una grande perdita, me lo sono tatuato e lo porterò per me sempre con me nella testa e nel cuore. E' quasi difficile parlarne: i ricordi sono tanti, così come le emozioni. La ferita è ancora aperta perché è passato ancora poco tempo. Quando si parla di lui, non mi piace nemmeno parlare di calcio: lui è stato il mio capitano di vita. E' una di quelle persone che nel mondo sono rare da trovare. Tutti coloro che lo hanno conosciuto lo confermano: ha lasciato un modo di vivere. dei rapportarsi agli altri fuori dal normale.
Le sconfitte in finale in Europa
—Le finali di Conference? Sono sconfitte che fanno parte della carriera calcistica, così come ce ne sono della vita. Alla sconfitta non ci si abitua mai: fanno sempre male. Io a queste finali ci credevo molto, perché avevamo creato un qualcosa di straordinario. Eravamo un gruppo unito e volevamo portare un trofeo a Firenze per alcune persone che abbiamo perso durante il nostro cammino: a partire da Davide Astori, fino alla buon'anima Joe Barone. Ci siamo andati veramente vicinissimi. Vedersi portare via la coppa così resta per me un ricordo veramente negativo. Resta il dolore.
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