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Il compleanno

Auguri Picchio De Sisti, 80 candeline per il capitano del secondo scudetto

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Il ricordo di Picchio De Sisti da parte di Roberto Romoli, Vice Presidente delle Glorie Viola, nel giorno del suo compleanno numero 80

Redazione VN

Oggi compie ottanta anni Giancarlo De Sisti, detto "Picchio", nato a Roma il 13 marzo 1943, sicuramente una delle più importanti figure di tutta la storia della Fiorentina, una vera e propria icona viola.

Giancarlo, abitante nel popoloso rione del Quadraro, iniziò a tirare i primi calci al pallone nella squadretta parrocchiale, e li tirava talmente bene che ben presto venne tesserato da una squadra giovanile romana succursale della Roma, la Forlivesi; nel 1959, quando aveva sedici anni, Picchio passò alla Roma, e toccò il cielo con un dito, perché la squadra giallorossa era quella del suo cuore.

Anche nel settore giovanile della Roma Giancarlo si mise subito in evidenza, tanto da condurre i lupi alla vittoria del "Campionato Ragazzi" nel 1959-1960 e nel 1960-1961, e da suscitare l'attenzione dell'allenatore della prima squadra Alfredo Foni, che lo fece esordire in Serie A nella partita Udinese-Roma che si disputò il 12 febbraio 1961, quando Picchio non aveva ancora compiuto diciotto anni.

Entrò così nel "giro" della prima squadra, ed ebbe la grande opportunità di allenarsi quotidianamente con un grande fuoriclasse, l'italo-uruguayano Juan Alberto Schiaffino, centrocampista della Roma ormai a fine carriera, che lo prese a ben volere, anche perché egli stesso si rivedeva nel giovane Giancarlo, che aveva caratteristiche simili alle sue circa il suo modo di giocare e di stare in campo.

Picchio segnò il suo primo gol in Serie A il giorno 11 marzo 1962 nella partita di Campionato Roma-Fiorentina; poi, con il ritiro dal calcio giocato di Schiaffino, diventò titolare inamovibile della squadra giallorossa, assumendo, appena ventenne, il comando delle operazioni di centrocampo.

Giancarlo dimostrò ben presto di essere uno dei centrocampisti italiani più bravi, più continui, e più intelligenti; fu così che la Fiorentina, impegnata nell'opera di costruzione di una squadra di giovani (che poi avrebbe condotto alla vittoria dello scudetto tricolore nel Campionato 1968-1969), mise gli occhi su di lui, e se lo assicurò nell'estate 1965 sborsando una cifra molto alta per l'epoca (e per le finanze della società viola), ovvero circa duecentocinquantamilioni. Tanto per rendere onore al merito, c'è da dire che l'operazione suddetta fu conclusa anche e soprattutto grazie all'insistenza di un grande dirigente, Egisto Pandolfini, altra icona viola, che giurò e spergiurò sulle qualità del giovane centrocampista giallorosso, e convinse il presidente Nello Baglini ad effettuare quell'importante investimento. L'allenatore Beppe Chiappella capì immediatamente che Picchio avrebbe avuto un'importanza fondamentale per l'equilibrio della squadra, e gli assegnò la maglia numero 10.

Giancarlo giocò tutte le partite del Campionato 1965-1966, segnò cinque gol (il primo dei quali nella partita inaugurale del torneo, disputatasi a Bergamo contro l'Atalanta), e dimostrò subito di essere un calciatore di primissimo livello, con caratteristiche che fecero ben presto di lui un vero e proprio "uomo-squadra".

Picchio era infatti dotato di un'ottima tecnica individuale, ed aveva un senso innato della posizione. Riusciva a semplificare le cose più difficili (proprio come il suo maestro Juan Alberto Schiaffino) attenendosi ad un calcio concreto, lineare, ed essenziale. Tutte le azioni della Fiorentina passavano attraverso Giancarlo, ed era lui che dettava alla squadra i tempi del gioco, di cui era impareggiabile organizzatore. Difficilmente si avvaleva del "lancio lungo"; il suo gioco era invece caratterizzato da passaggi corti o di media lunghezza che trovavano sempre libero il compagno più smarcato. Era rarissimo che Picchio sbagliasse un passaggio od una giocata in genere; chi scrive ha avuto la fortuna di ammirare Giancarlo durante tutti i nove anni nei quali egli ha guidato il centrocampo della Viola, e può tranquillamente affermare che le dita di una mano sono più che sufficienti per quantificare gli errori da lui compiuti nell'arco di ciascun Campionato. Era un calciatore di una intelligenza straordinaria (sia in campo che fuori) e di una continuità unica (giocava su "standard altissimi almeno il 90% delle gare). Date queste caratteristiche, Beppe Chiappella gli affidò ben presto il ruolo di "allenatore in campo" (ruolo che gli venne poi confermato dai successivi allenatori della Fiorentina Pesaola e Liedholm), e nel corso della stagione 1967-1968 Giovanni Battista Pirovano, capitano della Viola, ormai a fine carriera e non più titolare fisso della squadra, gli cedette spontaneamente la fascia di capitano, riconoscendo in lui la vera guida della squadra. E questo ruolo gli venne riconosciuto da tutti: dirigenti, allenatore, compagni di squadra, tifosi.

Fu il capitano della squadra che si aggiudicò lo scudetto nel Campionato 1968-1969, e fu il maggiore artefice di quella vittoria. Diventò ben presto anche un pilastro della Nazionale italiana, nella quale militò per cinque anni, dal 1967 al 1972, giocando ventinove partite e realizzando quattro gol, conquistando il Campionato Europeo nel 1968 ed il titolo di Vice Campione Mondiale nel Campionato che si svolse in Messico nel 1970. Diventò ben presto un calciatore imprescindibile anche in maglia azzurra, tanto da restare un punto fermo ed insostituibile anche durante il famoso dualismo Mazzola-Rivera grazie alle sue doti di "metronomo" del centrocampo, alla sua concretezza, ed alla sua intelligenza tattica.

Picchio interruppe il suo rapporto con la Fiorentina nell'estate 1974, a trentuno anni, dopo nove anni di militanza in viola, anche (e soprattutto) in seguito a dissidi ed incomprensioni con il giovane allenatore della Fiorentina Gigi Radice; il quale peraltro, molto onestamente, verso la fine della stagione, fece pubblica ammenda dei suoi errori allorché, dinanzi alla squadra radunata, ebbe a dire: "Ragazzi, io con De Sisti mi sono sbagliato........Ha l'età dei datteri, ma vi dà le paghe a tutti".

Così Giancarlo lasciò la Viola e tornò alla "sua" Roma, dove giocò ancora cinque Campionati ad alto livello; abbandonò il calcio giocato al termine della stagione 1978-1979, all'età di trentasei anni.

E adesso si apre il secondo capitolo della magnifica esperienza viola di Picchio.

Nella primavera 1980 la Fiorentina venne acquistata dalla famiglia Pontello, che presentò ai tifosi viola un programma assai ambizioso. Tuttavia, nel Campionato 1980-1981 la Fiorentina, dopo un promettente inizio, inanellò una serie di risultati negativi, e verso la fine del girone di andata si ritrovò sorprendentemente relegata nei bassifondi della classifica generale. I vertici della società esonerarono l'allenatore Paolo Carosi, per sostituire il quale, alla guida della squadra, fu chiamato proprio Giancarlo, che si era appena diplomato allenatore al "Supercorso" di Coverciano.

La scelta di assumere Picchio quale allenatore della Viola sorprese un po' tutti (tifosi compresi), perché Giancarlo aveva appena conseguito il "patentino" di allenatore, e non aveva quindi maturato alcuna esperienza nella predetta veste.

Tuttavia, nell'ambiente della Fiorentina, nessuno storse la bocca, sia perché il ritorno di Picchio nella grande famiglia viola fu gradito da tutti a prescindere da qualsiasi considerazione, dato il credito, il rispetto, la stima, e l'affetto che Giancarlo si era meritatamente guadagnato nel suo passato di calciatore con la maglia della Fiorentina, sia perché aleggiava nell'aria la sensazione che Picchio, profondo conoscitore dei tifosi fiorentini e del mondo viola in genere, persona intelligente e già grande allenatore in campo da calciatore, potesse fare qualcosa di molto positivo anche in panchina.

E tale sensazione colse pienamente nel segno, perché Giancarlo riuscì in fretta e con maestria a raccogliere i cocci di una squadra che stava andando alla deriva, a rasserenare l'ambiente, ed a condurre la Fiorentina lontano dalle zone basse della classifica, tanto da conseguire un più che onorevole quinto posto finale.

Nel successivo anno 1981-1982 Picchio fu naturalmente confermato alla guida della Viola, e gli venne affidata una squadra che, senza mezzi termini, puntava allo scudetto, in forza di una campagna acquisti che vide primeggiare la Fiorentina nel mercato estivo, grazie agli acquisti di giocatori del calibro di Pecci, Graziani, Vierchowood, Cuccureddu, Massaro, e Monelli.

La Viola disputò un Campionato indimenticabile, che condusse in testa per molte settimane, e che si risolse amaramente all'ultima giornata nel modo che tutti noi sappiamo, con lo "scippo" di Cagliari, ancora non digerito, e che consacrò comunque Giancarlo quale grande allenatore. Fu invece in tono minore il successivo Campionato 1982-1983 (concluso comunque con un dignitoso quinto posto), mentre fu bellissimo il Campionato 1983-1984, nel quale la Fiorentina, dopo qualche iniziale battuta di arresto, trovò un assetto definitivo con uno schieramento tattico che Picchio congegnò in largo anticipo sui tempi, che prevedeva due marcatori difensivi con Massaro impiegato a tutto campo con il numero 5 sulle spalle, e che riusciva a produrre un gioco spumeggiante ed efficace.

La Viola terminò quel Campionato al terzo posto, ma chissà come sarebbe andata a finire se il 12 febbraio 1984, durante la partita interna contro la Sampdoria, il capitano Giancarlo Antognoni (ancora lui!) non fosse rimasto vittima della frattura di tibia e perone causata da uno scontro con il difensore sampdoriano Pellegrini. Mancavano ancora undici gare al termine del Campionato, e la Fiorentina, che si trovava a soli tre punti dalla capolista Juventus, a detta di tutti, stava praticando il miglior calcio fra le squadre italiane. La sensazione è che se non fosse stata privata del suo capitano la Viola avrebbe potuto lottare sino al termine del Campionato per la conquista dello scudetto.

Nel successivo Campionato 1984-1985 la Fiorentina si presentò ai nastri di partenza con obiettivi molto ambiziosi. Tali obiettivi non vennero però raggiunti (la squadra conseguì un anonimo nono posto finale), ma soprattutto Giancarlo, ancor prima dell'inizio del Campionato, subì un delicato intervento chirurgico causato da un granuloma sub-dentario, che lo tenne forzatamente lontano dalla squadra per più di un mese. Rientrò alla guida della Viola il 7 ottobre 1984 in occasione della partita Fiorentina-Atalanta, in anticipo rispetto ai tempi preventivati, anche perché la squadra viola non stava rispondendo alle aspettative. Ad un certo punto del Campionato, dopo il pareggio conseguito a Cremona, la dirigenza viola propose a Giancarlo di affiancargli Valcareggi quale "tutor"; Picchio, ferito nell'orgoglio, disse giustamente di no, e così ebbe fine il suo rapporto con la Fiorentina. Ristabilitosi definitivamente dai postumi dell'intervento chirurgico subito nell'estate 1984, Giancarlo proseguì la sua carriera di allenatore guidando prima l'Udinese, poi la Nazionale italiana Under 18 e la Nazionale militare, poi ancora l'Ascoli.

Nel frattempo Picchio, uomo serio e rigoroso, non aveva accettato di piegarsi a certi "poteri forti" del calcio, che così, progressivamente, lo esclusero dal "circuito". Ci rimase male, ma da uomo tutto di un pezzo e pieno di dignità quale è sempre stato non mendicò posti di lavoro, ne aprì eclatanti polemiche. Peccato, perché tutta l'Italia calcistica, dopo avere ammirato un grande calciatore, avrebbe potuto ammirare anche un altrettanto grande allenatore. Tant'è Giancarlo, ci siamo noi che ti vogliamo bene e che siamo orgogliosi di te.

Auguri carissimo Picchio, buon compleanno; quando oggi spegnerai le tue ottanta candeline immagina che tutti i tifosi viola siano a soffiare insieme a te, e che subito dopo ti abbracceranno con tutto il loro affetto.

Roberto Romoli

Vice Presidente Associazione Glorie Viola

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