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Tanto tuonò che (non) piovve. Come Berardi e De Paul, Gudmundsson ci lascia “vuoti”

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Per quattro giorni i tifosi viola hanno sognato Gudmundsson, adesso resta l'amarezza per un altro colpo sfumato

Tanto tuonò che alla fine (non) piovve. Rilanci, aperture, frenate, spiragli, poi la luce si spegne e cala il sipario. Albert Gudmundsson alla fine non è arrivato. Lo si era intuito dalle primissime ore del pomeriggio, quando di fronte al muro eretto dal Genoa (30 milioni o niente) la Fiorentina ha di fatto messo i remi in barca senza rilanciare. Non 20 più bonus, non 22, non 25, il Grifone non si è mosso dalla richiesta iniziale e la Fiorentina non ha più affondato. Chiudendo sia al piano A che ad un (apparente) piano B. Troppo tardi ormai.

In principio fu l'infortunio di Nico Gonzalez a lanciare il primo segnale d'allarme. Il 14 dicembre a Budapest l'argentino s'infortuna, il tempo di pianificare l'acquisto di un esterno c'è alla luce soprattutto delle prestazioni deludenti dei vari Ikoné, Brekalo, Sottil. Qualche giorno dopo anche Italiano si "appella" ai suoi dirigenti chiedendo rinforzi in quella zona del campo tanto cara al suo gioco. Campionato, Coppa Italia, Supercoppa, la stagione va avanti ma la Fiorentina segna col contagocce, esaurisce il serbatoio di 1-0 e fatica, tremendamente. Per alimentare il quarto posto ancora uno sforzo da parte della società sembra necessario, oltre che mantenere alta la barra delle ambizioni. Ruben Vargas, Brian Rodriguez, Bryan Gil, Stengs, Ramazani: nessuno scalda realmente. Nomi proposti e scartati dalla squadra mercato viola, troppo tiepidi anche per i tifosi. Niente, l'esterno non si fa.


Intanto però arriva Belotti, Nzola non parte, il parco centravanti si allarga (o imbottiglia) e spunta dal nulla l'interesse per un islandese che da un anno a questa parte domina. Prima in B, poi in A, è un piacere per gli occhi. Alto, biondo, glaciale. Un fulmine che risveglia Firenze. Siamo vivi, si torna a gustare un grande colpo, la musica della Champions, una coppa, ci passano davanti immagini celestiali. Per tre giorni il popolo viola è tornato a sognare. Che fosse Gudmundsson oppure un altro a nessuno interessava, l'importante era sentirsi al centro del mondo. Come quando Berardi,De Paul e Vicario sembravano a un passo dal vestire la maglia viola, un'altra doccia fredda. Il vento, anche stavolta, ha cambiato direzione

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