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Polveri bagnate

Non sparate su Nzola

Magrini
Matteo Magrini analizza a mente fredda le difficoltà di Nzola e anche di Beltran per arrivare a segnare il loro primo goal in maglia viola.
Matteo Magrini

Premessa: M’Bala Nzola è un problema. Punto. Inutile girarci tanto attorno, e far finta di niente sarebbe fare un torto non solo all’onestà intellettuale di chi si trova a commentare le vicende di Casa Viola, ma anche al valore del giocatore. Già. Perché, nonostante tutto, l’ex centravanti dello Spezia resta un buon giocatore. Bravo ad aiutare la squadra e, tutto sommato, capace anche di buttarla dentro. Ecco. Semmai, vale la pena far quello che bisognerebbe sempre fare quando si tratta di attaccanti. “Prendere l’almanacco”, come diceva Adriano Galliani. Del resto, se si parla di prime punte, era e resta quello il parametro principale: i gol.

I numeri

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Ecco. Basta dare uno sguardo ai numeri per rendersi conto di chi sia, M’Bala Nzola. Prima stagione in serie A: 25 presenze – 11 reti. Seconda stagione: 21 presenze – 2 reti. Terza stagione (la scorsa): 31 presenze – 13 gol. Totale: 77 partite, 26 reti; una ogni 215,88’. Chiaro, no? A Firenze non è arrivato un campione (“altrimenti giocherebbe nel Barcellona”, direbbe Italiano) ma un onesto mestierante, arrivato tardi nel calcio che conta, e alla prima esperienza in un club e in una piazza davvero importanti. Chi si aspettava gol a palate, porte sfondate, numeri, giocate e invenzioni insomma, era (completamente) fuori strada.


'Sparare' o resistere?

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Detto tutto questo, e tanto per tornare al punto di partenza, è giusto analizzare una (mini) crisi che si sta facendo seria. Parecchio seria. E la partita di Frosinone, da questo punto di vista, è stata forse la più “pericolosa”. Se in tante delle precedenti gare infatti Nzola non aveva avuto chissà quali occasioni (anche se qualche opportunità l’aveva comunque mancata), l’altra sera invece il “18” ha avuto sul piede più di un pallone buono per sbloccarsi. E invece, niente. Un tiro sparato sul portiere, un paio di conclusioni a lato, e la sensazione sempre più forte che si stia infilando in un insidiosissimo tunnel.

La domanda, a questo punto, è: ha senso accanirsi? Ha senso mugugnare ad ogni minimo errore ed invocarne la definitiva bocciatura? Soprattutto, serve a qualcosa o, al contrario, questo tipo di atteggiamento rischia soltanto di aggravare il problema? Sparare su Nzola insomma è una tentazione forte, ma alla quale bisogna resistere. Il che, sia chiaro, non significa tapparsi gli occhi e far finta che il problema non esista. Significa, invece, provare ad aiutarlo. Dargli fiducia (come sta facendo Italiano), pur ricordandosi che nel frattempo c’è un altro centravanti in cerca di svolta.

E Beltran?

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E così veniamo a Beltran. In molti, potremmo dire tutti, a Firenze ne invocano la presenza fissa nella formazione titolare. Desiderio lecito ma che, senza voler dare giudizi ma limitandosi ad analizzare il “metodo Italiano”, destinato a restar vano. Il mister andrà avanti con l’alternanza, e già lunedì sera col Cagliari (probabilmente) al centro dell’attacco tornerà l’argentino. Perché è più adatto alle partite in casa, contro avversari che restringono gli spazi, e perché l’ex River (giustamente) ha tanta voglia di trovare minuti e continuità.

Nzola, e Beltran. Due centravanti in cerca di gol, sperando che possano arrivare il prima possibile. Perché è verissimo che la squadra sta segnando tanto anche senza il loro contributo (12 reti in 6 partite di campionato) ma alla lunga è impossibile pensare di stare in alto in classifica senza il contributo delle punte. Magari però, ricordiamoci di quanta pazienza abbiamo avuto con Cabral. E’ questo, ora come ora, l’atteggiamento giusto da tenere con Nzola. Il rischio, altrimenti, è che sprofondi definitivamente. E la Fiorentina, questa Fiorentina, non se lo può assolutamente permettere.

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