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L'IMBUCATA

Noi, non io. Italiano, la sua ambizione e la voglia di non mollare nulla

Matteo Magrini l'imbucata
Mercoledì la sfida all'Atalanta. Firenze e la Fiorentina dovranno sperare in Vincenzo Italiano. La squadra dovrà andare oltre i propri limiti
Matteo Magrini

Banalità delle banalità: mercoledì a Bergamo servirà un’impresa. Un concetto che metterebbe in imbarazzo perfino il signor de La Palisse eppure, avviandoci verso la semifinale di ritorno di Coppa Italia, non si può che partire da qua. Dalla consapevolezza (appunto) di quanto sia alto l’ostacolo che la Fiorentina si troverà davanti. Lo sarebbe stato a prescindere, ma come se non bastasse i viola ci arrivano con cerotti, acciacchi, ammaccature e dolori un po’ da tutte le parti. L’ha detto Italiano dopo la vittoria sulla Salernitana, ma si era intuito già alla vigilia: “I ragazzi che sono rimasti a casa non erano in grado di giocare, non l’ho fatto per risparmiarli”. Il riferimento, va da sé, è a Nico, Bonaventura, Beltran e Belotti. Di fatto, i quattro giocatori ad oggi più importanti della rosa.

L’unica certezza riguarda Gonzalez. L’argentino infatti non ha infortuni da smaltire ma “solo” una profonda stanchezza. Lui sì, insomma, è stato semplicemente risparmiato. Gli altri no. Gli altri non stanno per niente bene e il loro recupero non è affatto scontato. Jack ha la caviglia ancora gonfia, Beltran contro il Viktoria Plzen ha subìto un colpo che gli causa ancora parecchio dolore mentre il Gallo giovedì scorso è sceso in campo con una vistosa fasciatura alla coscia ed era ad essere generosi al 50%. Un quadro non esattamente esaltante pensando alla sfida contro un’Atalanta che, a prescindere, si sarebbe presentata all’appuntamento da favorita. A prescindere. Del resto basta guardare le due rose per rendersi conto di quanta e quale sia la differenza dei valori in campo. Un confronto oggettivamente impietoso per la Fiorentina eppure, all’andata, il campo ha detto altro.


Si deve ripartire da lì, quindi. Da quei 90’ giocati alla grande e dalla consapevolezza (è questa la parola chiave) che mercoledì bisognerà per l’ennesima volta andare oltre i propri limiti. Certo, se poi quei quattro non dovessero recuperare (ma siamo certi che si farà di tutto e di più per riuscirci) l’impresa sfiorerebbe i contorni dell’impossibile. Ci sono due grandiosi risorse però, che possono spingere la Fiorentina: l’organizzazione di gioco e il carattere. Due ancore di salvezza alle quali questo gruppo si è sempre aggrappato in questi due anni e mezzo e che sono stati (quelli sì) il vero valore aggiunto che ha permesso di raggiungere risultati comunque importanti. Senza campioni o fuoriclasse insomma, i viola hanno fatto di identità e cuore il loro “plus”.

Rischiamo (anzi, siamo consapevoli) di ripeterci per l’ennesima volta insomma, ma mercoledì Firenze (che piaccia o no) e la Fiorentina dovranno sperare in Vincenzo Italiano. Uno che si è presentato sul rettilineo finale della stagione ancora in corsa su tutti i fronti e che con i fatti (non con le parole) sta dimostrando tutto il suo attaccamento ai colori. L’ultima dimostrazione si sta avendo in queste settimane nelle quali tantissimi tra tifosi e addetti ai valori gli hanno chiesto e gli chiedono di lasciar perdere il campionato e di pensare soltanto alle coppe. “Non ci penso nemmeno”, ha risposto il mister. Eppure per lui, che a fine stagione saluterà, sarebbe stato molto più comodo (e conveniente) assecondare quel pensiero. Del resto, che gli importa se la Fiorentina l’anno prossimo (con un altro allenatore in panchina) non sarà in Europa? Nessuno insomma gli avrebbe detto nulla se avesse metto tutte le fiches su Coppa Italia e Conference. Anzi. E invece no. Italiano sta dimostrando che nella sua testa non c’è il suo futuro (sarebbe conveniente per la sua carriera mettere in bacheca un trofeo e, quindi, fare tutto il possibile per farlo) ma, semmai, quello della Fiorentina.

Certo, si tratta di un progetto parecchio ambizioso. Raggiungere altre due finali, tentare di vincerle e, nel frattempo, rincorrere un altro piazzamento europeo in campionato. Ma questo è, il mister. Un allenatore ed un uomo che punta sempre al massimo, costi quel che costi. Pretende il massimo da se stesso, e quindi dagli altri. In fondo, è anche per questo (oltre che per le difficoltà nei rapporti con la città) che la sua strada e quella della Fiorentina si divideranno. Perché fino ad ora la società ha sì beneficiato di quella voglia di volare alto, ma ha fatto pochissimo per assecondarla.

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