Ho visto un’aggressione alta costante con sei-sette giocatori, la chiusura perfetta di tutte le linee di passaggio, alcune marcature a uomo (Arthur su Lobotka e non solo), duelli uno contro uno, ripartenze dal basso, ma anche verticalizzazioni per cercare gli attaccanti e tagliare fuori il centrocampo del Napoli. E poi un grande movimento senza palla per offrire sempre più soluzioni, cambio di campo costante, apporto stabile di un difensore centrale (Quarta) nella costruzione della manovra, raddoppi rapidi e profondi sugli esterni (grande Ikonè) in fase di non possesso, un palleggio fatto di grande tecnica individuale, rapidità e personalità. Una sinfonia calcistica suonata da un’orchestra alla ricerca del suo capolavoro.
Sicuramente questo è il capolavoro di Vincenzo Italiano che ha passato un paio di notti a studiare e vivisezionare minuto per minuto Napoli-Real Madrid di martedì scorso per poi spiegare sul campo ai ragazzi cosa fare per annientare l’avversario. Missione compiuta. Un capolavoro, dicevo. Con due giorni in meno di riposo nelle gambe rispetto al Napoli e senza Nico Gonzalez, il giocatore più forte.
E’ l’ennesimo segnale, l’ultimo avvertimento ai naviganti sbattuti sulle onde del calcio senza avere un rotta: Vincenzo Italiano sta studiando da grande allenatore. Non so se lo è già, sicuramente è sulla strada giusta, da anni sta lavorando per coltivare il suo talento, aumentare le sue conoscenze, arricchire il suo coraggio e la sua capacità di interpretare e leggere le partite. A Napoli ha raggiunto vette altissime, ha fatto tutto benissimo, dalla preparazione della partita alle correzioni che ha apportato strada facendo, dai cambi di compiti e di modulo, fino alle sostituzioni finali. Si è vista la sublimazione del lavoro di un allenatore. Quando una squadra gioca a memoria, si muove come se fosse legata da un filo sottile che la tiene unita vuol dire che dietro c’è un grande lavoro fatto con la testa prima che con le gambe. L’anno scorso proprio il Napoli giocava così, l’ha fatto per mesi, con concentrazione e determinazione, l’eredità di quella squadra l’ha presa la Fiorentina, in questo momento gioca il miglior calcio in Italia.
Non chiedetemi quanto durerà, se potrà giocare così tutte le partite, perché non ho risposte. Vi dico soltanto che quando una squadra raggiunge certe vette calcistiche vuol dire che certe cose le sa fare, le ha imparate bene, è in grado di riproporle. Vedremo con quale continuità e intensità, a quale livello tecnico, ma chi mi segue credo ormai lo sappia bene, da sempre dico che Italiano ha messo basi forti, ha datto a questo gruppo cultura e personalità, ha fatto crescere tutti. Anche la società che da tempo lo asseconda e lavora con lui in piena sintonia. Le due finali non sono arrivate a caso. E’ evidente che si sta costruendo qualcosa di importante che può durare e portare a una crescita ulteriore. Sono cresciuti tutti, anche l’allenatore stesso che non è mai stato integralista come sostengono sempre i calcioti, ma adesso anche lui nel suo bagaglio ha maggiori certezze e le sue sicurezze sono aumentate. Anche perchè è cresciuto il livello tecnico di una rosa che adesso gli offre più soluzioni e le soluzioni danno coraggio.
Non sto descrivendo l’Eden, ma un percorso. E la mia descrizione non è dettata da simpatia o antipatia come sono abituati a fare tanti calcioti, ma segue il filo logico del calcio e la sua analisi. Otto punti in più dell’anno scorso dopo otto giornate, terzo posto in classifica con Milan e Inter davanti, Juve alla pari: anche i numeri parlano positivo.
A tutto questo aggiungo la personalità di una squadra che in Conference s’è resa conto di avere sbagliato tutto e ha voluto recuperare il risultato con tutte le sue forze, a Napoli poteva sciogliersi per il clamoroso e allo stesso tempo banale errore di Parisi, e invece da quell’errore ha trovato più forza. Certe cose non sono per caso, o ce le hai o non ce le hai. E questo gruppo è stato costruito anche tenendo e immettendo giocatori solidi, quelli più fragili e problematici sono quasi tutti via. E ognuno metta i nomi che vuole.
Ripeto: non so se a breve rivedremo certe vette. So che questa squadra è capace di esprimere dei valori e va accompagnata nella sua strada anche quando incontrerà delle buche perché può dare tante soddisfazioni. Pensate che giocatori come Ikonè hanno appena giocato la prima da titolare, Barak s’è appena visto, Beltran è un ragazzino arrivato da poco che il suo percorso ha appena iniziato, come Infantino del resto. Maxime Lopez sta imparando or ora il mondo di Italiano: lo vedremo. E poi sono fuori giocatori come Dodò, un titolarissimo, o Mina che si pensava di poter recuperare ad alto livello con un lavoro mirato mandato all’aria da un eccesso di Nazionale. Italiano ci proverà ancora e potrebbe diventare una risorsa. Dico questo per sottolineare come si siano fatte le cose per bene, aggiungendo il lancio intelligente di un Kayode che sembra un predestinato. O il coraggio di mettere a Napoli anche un diciottenne come Comuzzo nei minuti decisivi.
Però adesso faccio anche altri nomi pesanti.
Ma quelli che parlavano per sentito dire e forse non lo avevano mai visto giocare nel Barcellona o nel Brasile, cosa raccontano oggi di Arthur Melo? E’ il primo che mi viene in mente.
Ma il bello di quello che stiamo vedendo, è la crescita costante di giocatori come Duncan o Quarta che si sono convinti che lavorando come chiede l’allenatore hanno qualità per essere dominanti. Ma crescerà anche Brekalo. Chi non conosceva Parisi ora sa che l’esterno sinistro giovane e italiano più forte del campionato ce l’ha la Fiorentina.
Non posso aggiungere altro a Bonaventura. Il giorno che la Fiorentina l’ha preso ho brindato, lo seguivo da anni con attenzione, invogliato dal mio amico e suo scopritore Antonio Bongiorni. Dentro il gioco di Italiano sta esaltando le sue qualità naturali e la sua personalità. Un grandissimo professionista lo è sempre stato altrimenti non arrivi a 34 anni in queste condizioni.
Non mi voglio far contagiare dall’euforia, parlo di fatti, di situazioni e di giocatori e tutto rafforza la mia visione di calcio e il mio ottimismo attorno al lavoro di questa squadra che sto cercando di spargere da mesi e mesi, riga dopo riga. Non mi curo più neppure dei gufi e non voglio più nemmeno perdere un grammo di energia attorno a quelli che fino a poche settimane fa chiedevano la testa di Italiano. Ma voi ricordatevene soprattutto quando vedrete certe firme o ascolterete certe voci oggi eccitate: la credibilità non si compra. L’equilibrio neppure.
A proposito di equilibrio, il campo ha dimostrato anche un’altra cosa: Italiano non è un novello Zeman. E’ chiaro che per giocare un calcio intenso come quello della Fiorentina ci siano dei rischi più alti nelle fase difensiva, ma la ricerca delle contromosse o delle soluzioni che diano equilibrio è costante. Non vedrete mai la Fiorentina difendere per difendere, la Fiorentina vuole difendere per attaccare meglio e attorno a questa idea si lavora sempre. Le cose vanno meglio, è evidente. Osimhen e Kvara hanno avuto ben poche palle giocabili e sono due dei più forti in assoluti. C’è un assetto migliore, una grande mano la sta dando anche la velocità di Kayode e di Parisi che sugli esterni chiudono linee e diagonali, coprono spazi.
Morale: un gran bel momento. E un grande regalo a Rocco Commisso che domani sera inaugura un altro capolavoro, il suo. Parlo naturalmente del Viola Park: champagne.
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