Con l'addio di Stefano Pioli, la Fiorentina ha deciso di puntare su Paolo Vanoli, allenatore che nella passata stagione è stato seduto sulla panchina del Torino fino al 25 maggio scorso, data dell'ultima partita di campionato dei granata contro la Roma. Ed è proprio ad termine di quella partita che, il presidente del Torino, Urbano Cairo, si presentato al consueto incontro con i giornalisti nel parcheggio dello stadio. Nessuno si sarebbe aspettato quello che stava per succedere. Il presidente granata ha attaccato Paolo Vanoli: un monologo di circa sette minuti, da passaggi anche pesanti, quasi denigratori, nei confronti dell'ex tecnico del Venezia.
A stupire non è stata tanto la presa di posizione di Cairo, ma i toni: "Ha parlato di otto finali, era meglio se avesse parlato di semifinali"; "Chi manda in campo la squadra? Non è sempre colpa di Cairo"; "Troppe parole, troppe chiacchiere. Serve a poco, così si allenano i tifosi e non i giocatori". Insomma, una situazione paradossale. Raramente il presidente del Torino si era scagliato così ferocemente verso uno dei suoi allenatori, anche dopo risultati ben peggiori di quelli ottenuti da Vanoli a Torino. La sensazione, quindi, è che non siano stati i risultati a farlo sbottare, ma ben altro.
E' vero, la stagione dei granata non è stata entusiasmante, ma ricordiamo che Vanoli appena arrivato si è visto mancare: prima il terzetto titolare difensivo (Djidji, Buongiorno e Rodriguez), poi Bellanova, a stagione già iniziata (con Vanoli che non la prese benissimo: "L'hanno venduto a mia insaputa") e infine perdendo anche il miglior giocatore, Duvan Zapata, ad ottobre, per tutta la stagione (non sostituito, malgrado le richieste, durante il mercato invernale). Inoltre, oggettivamente, i rimpiazzi scelti non sono stati all'altezza di coloro che se ne sono andati.
Dunque, Vanoli, debuttante in Serie A, aveva a disposizione una rosa nettamente indebolita, rispetto a quella che aveva Juric nel triennio precedente. Valutare la sua stagione senza tenere conto di questo sarebbe ingeneroso, soprattutto dopo che a febbraio aveva già salvato la squadra.
Cairo infastidito dalle dichiarazioni
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La sensazione, pensandoci bene, è che Vanoli, più che i risultati, abbia pagato soprattutto le sue dichiarazioni che, come vento sul fuoco, hanno alimentato la contestazione della piazza nei confronti del presidente. Inoltre, Vanoli ha spesso parlato di ambizioni, cosa che cozza completamente con l'idea calcistica di Cairo, che per sua stessa ammissione preferisce lavorare senza sbandierare gli obiettivi.
Vanoli, chissà quanto consapevolmente, ha usato le sue conferenze stampa per richiamare alcuni valori cari alla storia del Torino e alla sua retorica, infilandosi in quell'enorme crepa che si è venuta a creare negli anni tra una tifoseria aggrappata in maniera viscerale alla sua identità e un presidente accusato dalla tifoseria stessa di non coltivare e non valorizzare tutto ciò che riguarda il DNA granata.
Simbolo dei tifosi
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In questo modo, il tecnico è diventato egli stesso uno dei simboli di una contestazione sempre più accesa, quasi un emblema della contrapposizione tra la piazza e la sua proprietà. Urbano Cairo può sopportare la contestazione continua allo stadio e anche le decine di migliaia di persone scese in strada per urlargli di andarsene, ma non poteva accettare che ad alimentare questo malcontento fossero (anche) le parole di un allenatore sotto contratto con il suo club. Da qui (o anche da qui), lo sfogo post Torino-Roma, arrivato dopo settimane in cui Cairo aveva ripreso a rivendicare la bontà del suo ventennio in granata in ogni occasione pubblica, quasi a sfidare le lamentele della piazza.
Il rapporto tra i due non è mai partito, probabilmente dal fatto che il presidente, fin da subito, non fosse così convinto dell'idea di Vagnati per l'allenatore. I tifosi granata lo hanno sempre apprezzato, ogni mese sempre di più e molti di loro, ancora oggi, alla notizia che sarebbe venuto alla Fiorentina, hanno voluto auguragli un grande in bocca al lupo.