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Parisi a VN: “Rivoluzione non banale. Musica e Ponte Vecchio le mie passioni”

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Parisi ci parla anche delle difficoltà trovate in stagione e delle differenze fra Palladino e Italiano
Simone Bargellini Vice direttore 

Fabiano Parisi è un po' il filo conduttore della Fiorentina di ieri con quella di oggi. Un anno con Vincenzo Italiano, adesso la stagione con Raffaele Palladino. Violanews.com lo ha intervistato in esclusiva per parlare del suo periodo in viola, dei suoi compagni, ma non solo.

Buongiorno Fabiano, com'è andata questa sosta? Come state?

"Adesso ripartiamo con forza contro l'Atalanta. Questa sosta ci è servita per staccare un po’ con la testa. Ora ci aspetta il tour de force finale: due mesi duri in cui si deciderà la stagione. Dobbiamo riprendere con la stessa voglia e determinazione di sempre. Non vediamo l'ora di ricominciare già domenica contro l'Atalanta".


Panathinaikos e Juventus: due vittorie fondamentali per la stagione. Qualcosa è cambiato? Vi siete parlati prima di queste due gare?

"Abbiamo attraversato un periodo negativo, è vero, ma la forza del nostro gruppo è sempre stata quella di ricompattarci, rimanere uniti e dare il massimo negli allenamenti. I sacrifici vengono sempre ripagati, e siamo stati bravi a conquistare due vittorie importanti. I tifosi erano nervosi e delusi per il gioco espresso dalla squadra, e li capisco. Ma noi non ci siamo mai arresi e contro Panathinaikos e Juventus abbiamo dimostrato di che pasta siamo fatti. Siamo ragazzi che vogliono dimostrare il proprio valore e, soprattutto, quanto tengano alla Fiorentina e ai suoi obiettivi".

parisi fabiano

Parisi a Violanews

Spesso il direttore Pradè ha usato parole forti nei momenti di difficoltà. Come le avete vissute?

"Le parole del direttore ci danno sempre una spinta in più. Ovviamente, in una stagione ci sono alti e bassi. Bisogna mantenere equilibrio, sia nella vittoria che nella sconfitta. Pradè ci sprona spesso. Sappiamo di essere giocatori forti e che possiamo dare ancora di più. Credo che fosse questo il suo messaggio".

Vincere la Conference o arrivare quarti? Potessi scegliere...

"Visto che abbiamo perso due finali, io preferirei vincere la Conference. Ovviamente ognuno ha la propria opinione, ma portare un trofeo a Firenze non è banale. Dopo le due finali perse, sarebbe ancora più soddisfacente".

A proposito, cosa ha significato Atene per te? Le vostre facce parlavano chiaro. È stato anche un punto di ripartenza?

"La delusione è stata enorme. Siamo andati lì per far gioire i tifosi, per entrare nella storia, ma non vincere quel trofeo è stato davvero un'emozione brutta. Eravamo tutti delusi, dal mister alla società. Noi vogliamo sempre vincere, purtroppo non è andata bene. Adesso conta riprovarci, finché le cose non andranno per il verso giusto".

Hai vissuto Vincenzo Italiano e ora Raffaele Palladino. Somiglianze e differenze?

"Molti aspetti sono simili. Italiano era bravo soprattutto nella fase di aggressione e pressione sull'avversario, ma anche Palladino è molto preparato. Sono due allenatori di prospettiva e hanno tanto da dare al calcio italiano. Mi ritengo molto fortunato ad essere stato allenato da entrambi".

Sei uno dei pochi rimasti a Firenze del gruppo allenato da Italiano. Come hai vissuto questa rivoluzione?

"Come ha detto il direttore Pradè, c'è stata una vera e propria rivoluzione e ci vuole tempo per costruire una nuova squadra. All'inizio le cose non andavano bene, ma con tanti nuovi giocatori e mentalità diverse, serviva solo tempo per creare il giusto affiatamento. È stato un periodo di adattamento".

Nel mercato di gennaio si è parlato anche del tuo addio. C'è stato un momento in cui ha pensato di lasciare la Fiorentina o non ha mai avuto dubbi?

"Chiaramente qualsiasi calciatore ha sempre voglia di giocare però ringrazio mister Palladino per la fiducia che mi ha dato fino a questo momento,  sono giovane ho voglia di emergere. Poi sai, non conosco tutte le dinamiche del mercato sono davvero contento di essere qui e spero di rimanere qui a lungo".

L'anno scorso hai sofferto il cambio di fascia. Quest'anno, con Palladino, giochi in più ruoli, anche da esterno alto. La consideri una crescita personale?

"La continuità nel ruolo dà più fiducia. L'anno scorso cambiare fascia non è stato facile, ma lo facevo per il bene della Fiorentina. Avrei giocato anche in porta, se necessario. Quello che conta è mettersi a disposizione della squadra e del mister. Però è vero che avere continuità aiuta. Io nasco terzino, ma se devo fare il quinto lo faccio. Le mie caratteristiche si adattano bene alle richieste di Palladino".

Firenze è ormai casa tua da più di un anno. Come ti trovi?

"Bene, Firenze è una città meravigliosa. Già quando stavo a Empoli venivo spesso. Trascorro molto tempo nel centro storico, tra Ponte Vecchio e le sue strade caratteristiche".

Oltre al calcio chi è Parisi?

"Suonavo, ma ho smesso. Ho fatto una scelta e ho seguito quella del calcio, anche se la musica rimane una mia passione. Sono diplomato in musica e, mentre ero in Serie D con l'Avellino, frequentavo il conservatorio. Quella sarebbe stata la mia strada se nel calcio le cose non fossero andate bene. Sarei diventato un ottimo insegnante di musica classica. Infatti, non vado d'accordo con Kean (ride). Però Moise è bravissimo, spesso mette i suoi brani nello spogliatoio. È davvero molto talentuoso".