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Freitas a VN: “Ecco perché Kean funziona e Vlahovic no. Hancko, bastava pazienza”

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Ai nostri microfoni Carlos Freitas, ex direttore della Fiorentina ai tempi di Della Valle e che nella sua gestione ebbe anche Paulo Sousa
Tommaso Ormini

Come scordarsi la Fiorentina di Paulo Sousa? Correva la stagione 2015/2016, quando la squadra viola allenata dal portoghese fece sognare Firenze, almeno fino a gennaio. Questa Fiorentina in parte la ricorda, se non altro per le vertigini che dà la classifica; per questo la redazione di ViolaNews è andata a disturbare chi l'allenatore portoghese e il contesto viola dell'epoca l'ha vissuto dal vivo, da direttore sportivo nella stagione successiva. Ecco Carlos Freitas ai nostri microfoni:

Salve direttore, cosa ne pensa della Fiorentina odierna?

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"Mi sembra che sia una squadra sempre in evoluzione. È evidente che all'inizio ci sia stata qualche irregolarità nel percorso, data sicuramente dalla mancanza di un collettivo. Adesso è una squadra che gira a meraviglia, che sta facendo esaltare anche le qualità dei singoli. Vedo giovani di grande prospettiva, soprattutto Comuzzo che avrà sicuramente una grande carriera davanti. Ranieri per me non è più una sorpresa, ha da tanto tempo una certa continuità nelle prestazioni. Continuità che sta prendendo anche Adli, cosa che a Milano non ha mai potuto avere".


Come valuta il lavoro di Pradè e quanta percentuale ha di merito?

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"Nel ruolo di direttore sportivo c'è una cosa che per me è scontata: uno quando sceglie sbaglia. Quello che sbaglia di meno è il più bravo. Tutta la dirigenza ha fatto un ottimo lavoro, così come sta facendo Palladino e il gruppo squadra. Quando una coesione di forze va bene, non serve esaltare il lavoro del singolo, ma esaltare la qualità di tutti".

Vede delle somiglianze tra Palladino e Paulo Sousa?

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"Si molte. Sia Palladino che Sousa non sono degli allenatori fondamentalisti. Nel loro lavoro notiamo sempre una grande parte cognitiva del giocatore nel coprire gli spazi, non vedo quella prigione tattica ma anzi, i singoli con allenatori del genere si esaltano".

Anche la Fiorentina del 2015 dopo dodici giornate si trovava ai vertici, poi sappiamo come finì. Questa ha le carte in regola per rimanerci?

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"Io arrivai a Firenze la stagione dopo. Posso dire che la Fiorentina sta dimostrando di avere grande qualità nei singoli e nel gruppo. Da non sottovalutare l'entusiasmo della piazza che darà grande spinta alla squadra. Firenze e la Fiorentina meritano il meglio, mi auguro che possa rimanere lassù fino all'ultimo".

Dei colpi che portò a Firenze, quale l'ha resa più fiero?

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"Tutti quelli che ho portato a Firenze sono diventati conosciuti alla Fiorentina. Se devo fare un nome faccio quello di David Hancko, mi sta riempendo di orgoglio quello che sta facendo. È un giocatore che è arrivato a Firenze molto giovane, esordì nel secondo tempo di Fiorentina-Spal 3-0, sostituendo Biraghi. Già da quella partita mostrò a Firenze tutte le sue qualità, facendo due o tre giocate di spessore. Dopo di che ha dovuto intraprendere altre scelte e altre strade. Arrivando al Feyenoord è diventato uno dei giocatori più forti d'Europa nel suo ruolo. Avrebbe potuto dare molto di più a Firenze con un po' più di pazienza".

Biraghi è diventato capitano dopo la cessione di Pezzella, se lo sarebbe aspettato?

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"È sempre stato un ragazzo di grande personalità. Arrivò con Benassi, un altro ragazzo per bene. Erano due ragazzi formati e grandi amici. Biraghi ha avuto più spazio a Firenze e ha confermato tutte le qualità umane e calcistiche che ha. Oggi alla Fiorentina c'è una concorrenza forte come quella di Gosens e Parisi, ma anche Ranieri può giocare lì. Ha fatto una bellissima carriera a Firenze".

Kean sta sostituendo benissimo Vlahovic...

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"Dico una cosa, di Messi e Cristiano Ronaldo ce ne sono due al mondo, tutti gli altri giocatori hanno bisogno di trovare il loro contesto giusto per esprimersi. La Fiorentina ha trovato più velocemente una dinamica collettiva per esaltare le qualità di Kean rispetto alla Juventus con Vlahovic. Il serbo sta lavorando in una squadra che non ha chimica nei suoi attaccanti, forti individualmente, ma che nel collettivo peccano. Entrambi comunque sono tra i primi dieci migliori giovani attaccanti d'Europa".

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