Dai sogni Champions all'ottavo posto, la stagione rischia di naufragare. Che spiegazione ti sei dato?
Una squadra è organizzazione e identità, su questo la Fiorentina è stata seria e credibile finché non si è sfarinato il centrocampo, un pezzo alla volta sono mancati tutti, solo adesso qualcuno sta recuperando. Poi fra le varie identità possibili, ci possiamo dividere per gusto, preferire uno stile o un altro e in questo è più facilmente evidente un sospetto che cariava i tempi belli: giocare meglio. È un tarlo anche di Palladino, lo ha ammesso senza ritrosia, ma deve rimediare lui. Perché alla fine “giocare”, creare, stare con protagonismo nella metà campo avversaria ti permette di seminare speranza, di lasciare un’impressione comunque positiva, di difenderti quando le sconfitte cominciano a rovinare la classifica, un paracadute al quale non siamo riusciti a stare aggrappati, anche quando ci teneva su per aria, ad altezze superiori al valore complessivo. Poi, la moltitudine del commento si accorge di questo solo nelle sconfitte, anzi, rovescio il discorso: quando nelle stagioni scorse avevamo un’identità molto spinta, a volte osé, la critica si sprecava, si gonfiava a ogni sconfitta. Opposta nel senso, ma a volte identica nei toni e nelle asprezze. Ammettiamo che viviamo un’epoca maleducata? O almeno cinica con il lavoro degli altri (ma in generale tanto permissiva con le nostre colpe)? Che i toni siano peggiorati, dalla Sala Ovale al commento - spesso anonimo - sulla rete? Che la tastiera ci abbia deresponsabilizzato sui modi? Che (da parte nostra) abbiamo sovrapposto l’opinione alla polemica come unica manifestazione libera del pensiero? Sacrosanto esprimersi, anche duramente, e confutare anche le proprie opinioni. Infatti ho visto colleghi passare dal monumento equestre alla lapide.
Da cosa si può e si deve ripartire secondo te?
Ora la Fiorentina deve recuperare Folorunsho, Adli, far giocare insieme un centrocampo ideale, e poi crescere Gudmundsson e passare il turno e preparare la partita con la Juventus che può raggrumare la classifica e soprattutto ricreare entusiasmo. Tante cose, saranno 4 giorni intensi. Ma sono le partite migliori per ritrovare un po’ di pensiero comune e positivo sulla squadra, anche se alcuni sentimenti forse si sono già divaricarti fra popolo e tecnico, fra popolo e società, fra le varie componenti. Non importa, non questa settimana: servono professionalità, orgoglio, voglia di segnare, giovedì e domenica perché la Fiorentina deve segnare se vuole allungare la sua stagione. Non bisogna essere attratti dal finale, girare all’ultima pagina anche se il libro ci sta annoiando (e siccome siamo tifosi, quel libro non possiamo metterlo sullo scaffale, non ci riesce). Forse è per questo che abbiamo bisogno dello sport e di tifare: per non finire mai quel romanzo.
Giovedì col Panathinaikos è una partita spartiacque, per la Conference e forse per l'intera stagione. Cosa ti aspetti?
Una partita che finalmente allinea tutti sullo stesso sentimento, ci convoca tutti dalla stessa parte: vincere, passare, restare dentro l’Europa. Voglio pensare che nessuno sia attratto dal calcolo: almeno non giovedì. Te lo dico perché questo è il tipico atteggiamento dei momenti difficili, l’inquietudine, la delusione, la frustrazione che fanno approcciare la partita con due spinte emotive opposte: vincere, certamente. Ma anche perdere, tutto sommato, così magari cambia qualcosa o qualcuno. È una situazione tossica ma nel calcio sembra inevitabile. Invece gli uomini (in campo, in panchina) di questa diseguale stagione hanno ancora molto da fare, da dare, da dimostrare. E poi ci saranno le valutazioni, e quello sarà il momento decisivo perché si possono sbagliare partite, acquisti ma il momento fondamentale è quando si arriva alla valutazione, saper pesare tutto quello che è successo, tutti i limiti e tutte le possibilità. Sapere dare un senso a quanto accaduto, oltre risultati e classifiche. Alle persone, ai tecnici, all’organico. E da quella valutazione programmare il futuro prossimo e lontano. Un’analisi è seria se ognuno è disposto a mettere sul tavolo i propri errori, non solo a cercare le altrui colpe. Mai sopravvalutare o sottovalutare il proprio contributo.
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