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EDITORIALE

La forza di un gruppo capace di andare sempre oltre i suoi limiti

Matteo Magrini l'imbucata
L'ultimo editoriale di Matteo Magrini sulla vittoria della Fiorentina nella semifinale d'andata di Conference League contro il Club Brugge
Matteo Magrini

Due gol. Due abbracci. Due immagini che valgono più di mille parole. Quello che è successo l'altra sera, dopo le reti di Belotti e Nzola, è lo spot migliore per raccontare a tutti quale sia la grande forza di questa Fiorentina: il collettivo. Un concetto che si può declinare e i piegare in diversi modi, ma in questo caso vogliamo soffermarci soprattutto su di uno di questo. Perché se tante volte (troppe, secondo qualcuno) ci siamo concentrati su quanto l'organizzazione, il gioco, l'identità e i principi (il collettivo, appunto) ai quali Italiano ha educato i viola siano stati in questi anni il vero valore aggiunto, stavolta vogliamo parlare di quella stessa parola guardandola da un altro punto di vista.

Fiorentina, l'unione fa la forza

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E così torniamo a quegli abbracci. A quelle esultanze che testimoniano quanto sia forte l'unione del gruppo. Un gruppo pieno di limiti sul piano tecnico, ma che da due anni e mezzo riesce a trovare dentro di sé la forza e le risorse per andare oltre se stesso. Non è un caso insomma, se quasi sempre quando si è ritrovato con le spalle al muro è riuscito a tirarsene fuori. Non è un caso se molto spesso, dopo una mazzata, è riuscito a rialzarsi. Basta pensare alla vittoria di un anno e mezzo fa a Verona (quando si parlava addirittura del rischio di ritrovarsi in lotta per non retrocedere) e sta succedendo di nuovo. La legnata di Bergamo poteva metterla ko, e invece la Fiorentina si è ribellata e tra campionato e Conference ha immediatamente reagito.


La storia di Nzola

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Sia chiaro, ciò non significa che all'interno del Viola Park sia sempre tutto rose e fiori. Al contrario. Ci sono stati e ci saranno momenti di tensione, di scontri e confronti (anche duri) ma il pensiero comune (il bene della squadra) non è mai venuto meno e nei rari casi in cui è successo, Italiano ci ha immediatamente messo mano. Basta pensare, per esempio, a quando nell'autunno scorso disse che “non si può creare un problema collettivo per risolvere un problema individuale”. Si riferiva al digiuno di Beltran e Nzola, e ad alcune partite nelle quali i due avevano pensato più a se stessi (e quindi a ritrovare il gol) che alla squadra. L'ex Spezia e l'argentino pagarono con la panchina, così come ultimamente lo stesso ex Spezia è rimasto (per cinque partite di fila) fuori dai convocati. “Motivi familiari”, ha sempre fatto filtrare la società, anche se più di uno spiffero raccontava di provvedimenti disciplinari. Vero o no, di certo c'è che tutti l'hanno sempre protetto e che l'altra sera, dopo il gol al Brugge, sia chi era in campo che chi stava in panchina l'ha travolto in un bellissimo abbraccio.

Belotti e il ruolo di Biraghi

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Stesso discorso con Belotti. Uno che i compagni hanno già imparato ad amare per come si comporta dentro e fuori dal campo. Un gruppo sano, quindi, che sta riuscendo a trasformare in energia positiva (e in una motivazione feroce) anche un dramma come la scomparsa di Joe Barone. In questo, tantissimo merito va all'allenatore e a chi, una tragedia simile, l'aveva già vissuta sulla propria pelle. Il riferimento è al capitano. A quel capitan Biraghi che non sarà Roberto Carlos ma che nei momenti più duri, per sé e ancor più spesso per i compagni, non si è mai tirato indietro. Al contrario. Si è sempre messo faccia e petto al vento, pronto a tutto pur di difendere il gruppo. Sono stati loro due, in primis, a caricarsi sulle spalle il peso di quanto accaduto all'ex direttore generale. Un peso che si fa sentire, ma che non ha mai rappresentato un alibi. Per tutto questo, la squadra merita tutto il sostegno possibile. Il che non significa non evidenziarne errori o limiti, ma averne sempre e comunque un profondo rispetto. Per tutto questo, poi, la società dovrà valutare con grandissima attenzione come gestire la fine del ciclo. Tenendo presente parametri tecnici (e ci mancherebbe altro) ma senza dimenticare che i gruppi “vincenti” si costruiscono soltanto poggiandoli su valori forti e condivisi.

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