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L'imbucata

La Fiorentina c’è ma con tutti i suoi limiti

Magrini
Il commento a mente fredda di una partita non esaltante che ha riportato la Fiorentina indietro anche se il Torino è da sempre un avversario ostico da affrontare
Matteo Magrini

Premessa: sono tra quelli che, alla vigilia, avrebbe firmato con convinzione per un punto. E non è questione di poca ambizione, di scarsa voglia di sognare o di pessimismo cosmico. E' questione di sano realismo e di semplice analisi di fatti e valori. Per questo insomma, considerando che il Torino è una squadra più o meno equiparabile alla Fiorentina, che è forse una delle formazioni più “antipatiche” con cui avere a che fare e che in casa sua hanno vinto solo Inter (che fa un campionato a parte) e Lazio (ma, come avrebbe detto Prandelli, in una partita strappata col “passamontagna”) tornare a casa con un pareggio poteva essere tutto sommato accettabile. Ogni gara però ha una storia a sé e quella di ieri per i viola si è trasformata da partita scomoda e da archiviare con moderata a soddisfazione a grande occasione sprecata.

L'occasione sprecata

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Il riferimento, ovviamente, è a quel secondo tempo giocato per intero con un uomo in più. Una gentile concessione dell'arbitro Marchetti (inguardabile, sinceramente, la sua conduzione) che la banda di Italiano non ha saputo sfruttare. Il motivo? Si torna sempre lì: qualità e personalità. In situazioni del genere infatti, quando gli avversari si chiudono e trovar spazi diventa impossibile, diventa fondamentale avere qualcuno che sappia tirar fuori qualcosa di più. Qualcuno, per intendersi, che con una giocata individuale rompa schemi ed equilibri. Per farlo, appunto, servono qualità e personalità. Due paroline magiche, che non rientrano esattamente nel vocabolario della Fiorentina. Certo, ci sono Bonaventura e Nico Gonzalez. Non a caso le uniche occasioni le hanno costruite loro. Soprattutto l'argentino però, in certe serate, dovrebbe fare molto di più. Dovrebbe capire il momento, caricarsi i compagni sulle spalle, rischiare. Ieri invece, e non è la prima volta, è rimasto troppo a lungo nascosto. Se si vuol stare in alto però, non si può sperare che sia sempre uno di questi due a risolvere i problemi. Così come non può sempre bastare il vero punto di forza che, negli anni, l'allenatore ha costruito: il gioco.


Senza i big si alza un muro

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Ecco perché, ogni tanto, i viola si inceppano. Perché tolti due o tre eccezioni stiamo parlando di una squadra assolutamente normale. Né più, né meno. Normale. Il che significa che deve sudarsi ogni maledetta partita e che, quando si gioca sul filo dell'equilibrio, molto spesso è destinata a restare impanata. O trova il gol di un difensore, o Nico e Jack tirano fuori il colpo o, come successo col Torino, rendersi pericolosi diventa tremendamente complesso. Non a caso, in proporzione, sono molti di più i punti persi contro chi sta dietro in classifica. Contro le grandi o contro le dirette concorrenti la Fiorentina trova spesso spazio per giocare mentre, con le “piccole”, Biraghi e soci si trovano quasi sempre davanti a un muro. Per questo paradossalmente, si può guardare ai prossimi impegni (terribile, sulla carta) con moderato ottimismo. Perché in più di un'occasione i viola hanno dato il meglio di se proprio contro certi avversari. Non solo. Se c'è un aspetto positivo da portarsi via dal match di Torino è la consapevolezza di aver ritrovato lo spirito giusto. Dopo la super prestazione con la Lazio infatti si è avuta la conferma di un gruppo vivo, “acceso”, pronto alla battaglia. Mica poco, per esempio, ripensando alla Fiorentina di Empoli.

Il rimpianto per gennaio

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Certo, classifica alla mano, resta l'enorme rimpianto per quanto successo a gennaio. I punti (persi) che pesano non sono quelli di ieri, ma quelli con Sassuolo, Udinese, Lecce. Sono quelle partite, che Italiano si è dovuto giocare in perenne emergenza e senza che dal mercato arrivassero i rinforzi necessari, ad aver scavato il solco con quelle che stanno davanti. Quel che (non) è stato è stato, comunque, e ormai è inutile ribadire concetti già espressi mille volte. Quel che conta, adesso, è trovare le forze per un finale di stagione da brividi. Conference, campionato, Coppa Italia. Tre corse da giocarsi tutte d'un fiato. Cercando, magari, di rendersi conto di quanto l'allenatore ed il suo staff stanno facendo. O c'è qualcuno, davvero, che non capisce che qualificarsi per l'Europa al primo anno, confermarsi nel secondo aggiungendoci due finali e nel terzo essere sempre in ballo su tutti i fronti è qualcosa che va oltre l'ordinario?

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