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La conferenza, il rapporto con la curva e quel ritornello sulla concorrenza…

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Il commento di Matteo Magrini alla conferenza stampa di Pradè-Commisso-Ferrari. Le accuse alla curva e il paragone con le altre big
Matteo Magrini

Premessa: quando ci si presenta in conferenza stampa, e si risponde a tutte le domande, va sempre bene. Il problema è che oggi come oggi appuntamenti rischiano di diventare (anzi, diventano) notizia quando invece, in teoria, sarebbero pura normalità. Non è così e per fortuna la Fiorentina, dopo un lungo periodo nel quale rappresentava l'esempio (negativo) perfetto dell'andazzo che ha preso la società (dalla politica in giù, dove non esiste più il confronto ma semmai solo lo scontro e la messa alla gogna), sotto questo punto di vista ha cambiato strada. Bene così, quindi, anche perché soltanto così chi fa il nostro mestiere (ed è stato un peccato per me non poter essere presente) può portare a chi gestisce un bene comune anche i dubbi, le domande, le perplessità o le valutazioni della gente o, come direbbero quelli bravi, dell'opinione pubblica.

A proposito, non si può non parlare della presa di posizione del presidente Commisso. Parole, quella sulla curva, che sinceramente non si possono accettare. Prima di tutto perché non esiste dire “non ci possono criticare per come portiamo avanti la Fiorentina”. Eh no, non funziona così. Le critiche si possono condividere o meno, comprendere o meno  e ovviamente, alle critiche si può replicare. Di certo però (che piaccia o no a Trump veri, emuli o in miniatura o a tutti quelli che la vedono come lui) non si può impedire a chicchessia di farle. Non solo. Se per anni e anni fai di tutto per dare centralità proprio a quella curva, se non fai altro che “coccolarla” per farti voler bene, non puoi rinnegarla appena osa dire “pio”. Troppe facile, così. E chissà. Magari la contestazione andata in scena durante la partita col Bologna ha dato fastidio proprio perché, convinti di essersi garantiti una specie di immunità, inaspettata.


Eppure, anche da queste colonne, c'era chi aveva provato a spiegarlo al presidente e ai suoi uomini. Puoi provarci in tutti i modi possibili, e in certi momenti ti sembrerà di esserci riuscito, ma non potrai mai controllare quel tipo di tifoseria. Prima o poi, quando vorrà, a torto o a ragione, per qualsiasi motivo ritenga giusto, ti volterà le spalle. Era prevedibile, ed è successo. E che sia chiaro. Chi scrive è assolutamente contrario alla centralità regalato a certe curve e non sopporta (per esempio) le scenette in cui i calciatori son costretti a prostrarsi. Per questo, se necessario, non avremmo problemi ad appoggiare il presidente a combattere certe situazioni. Qua però la storia è diversa e, soprattutto, siamo davanti ad un contrasto a targhe alterne. “Se mi applaudi, viva la Fiesole, se mi fischi, non siete tifosi”. La speranza è che la frattura si possa ricomporre, anche perché vorrebbe dire che sul campo le cose funzioneranno bene, La certezza, è che sarà dura. Parecchio dura...

Per il resto, è stata una conferenza stampa abbastanza da 0-0, con alcune considerazioni comprensibili e altre molto meno. Quel che è apparso evidente è l'imbarazzo, o se vogliamo la difficoltà, nel rispondere a chi mette sul piatto le vittorie/qualificazioni alla Champions di realtà assolutamente paragonabili o addirittura inferiori (vedi Atalanta, Lazio, Bologna) a Firenze e alla Fiorentina. Da una parte ci si è giustificati dando la colpa all'ex allenatore (“ora ha vinto, con noi le finali le ha perse”) dall'altra, di fatto, non si è risposto se non dicendo che “ci hanno messo tanti anni”. Il tempo passa però, siamo a sei anni di questa proprietà, e presto anche quel (triste) ritornello non sarà più ripetibile. E ancora. Quando il presidente dice che “senza stadio di proprietà non è possibile arrivare a certi ricavi” sarebbe fin troppo facile citargli il Maradona e i due scudetti in tre anni del Napoli...

Meglio lasciar perdere, augurandosi che come successo l'anno scorso (e da questa tribuna ne è sempre stato reso il merito) si dia seguito alla promessa di voler migliorare ancora costruendo, quindi, una squadra ancora più competitiva. Perchè, magari a qualcuno è sfuggito, considerare in parte deludente la stagione appena andata in archivio significa riconoscere che per valori si poteva e forse doveva fare qualcosa in più. L'impegno a migliorare insomma è stato rispettato ma gli obiettivi concreti, che piaccia o no e in parte anche per sfortuna (vedi sesto posto non valido per l'Europa League), non sono stati raggiunti.

Come spesso capita in questi casi comunque, gli spunti più interessanti sono arrivati da Daniele Pradè. Anche perché, se non altro, non ha venduto favole. Ha ammesso candidamente che per Kean non si può che aspettare, non ha garantito che non ci saranno cessioni eccellenti anche se ha detto che “la Fiorentina non è obbligata a farne” e quindi, in teoria, si può immaginare un mercato “all'attacco”. Senza far follie e rispettando il fair play finanziario, ovviamente, ma visto che “si possono fare grande investimenti” (sempre parola del diesse) si potrebbero ipotizzare, per dirne una, grandi operazioni su giovani di grandissimo valore e prospettiva ma con gli ingaggi ancora bassi o non eccessivamente alti. “Magara”, avrebbe detto Carletto Mazzone.

Semmai a Pradè, che ha ampiamente ragione quando dice che “la comunicazione con i social e tutto il resto è molto cambiata ma io so pesare da chi arrivano le critiche” ci sentiamo di dare un consiglio. A lui, e a tutta la Fiorentina. Alle parole, seguano i fatti. La sensazione infatti è che certo nervosismo nasca proprio da considerazione lette (o più probabilmente riportate) dai social. Nei media seri infatti, nessuno odia nessuno e non esistono “cattivi”. Esistono persone che provano ad analizzare le cose e che sicuramente a volte sbagliano, altre hanno ragione, ma che ripudiano certi termini (vedi “fallimento”) e mai e poi mai parlano o scrivono con l'intento di far male a non si sa chi.