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Il Gallo canta: finalmente un centravanti vero. Ancora critiche a Italiano: perché?

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In città verso la Fiorentina non si respira un bel clima, nonostante gli ottimi risultati ottenuti nel 2023 e gli obiettivi importanti ancora in ballo per quanto riguarda questa stagione
Enzo Bucchioni Editorialista 

Siparietto al mercato di Sant’Ambrogio, giusto lunedì mattina. Un signore non più giovanissimo, distinto, commenta così la vittoria della Fiorentina: “Di questi tempi faccio fatica a tifare per la mia squadra, finché non mandano via l’allenatore non potrà mai andar bene…”. "Ma se avete vinto 5-1", incalza il negoziante. “Col Frosinone, ma non si farà mai nulla di buono”. Sabato scorso, invece, al seguitissimo "Pentasport" di Radio Bruno, centoventimila contatti medi il giorno, l’emittente più seguita dalla tifoseria, come ogni volta non sono mancati quelli che “Meglio che Commisso venda”, o “Con questa proprietà si va peggio che con i Della Valle”. Per la prima volta, però, ci sono state anche due telefonate di chi mette in discussione la bontà o la necessità del Viola Park. Roba da restare senza parole. Eppure la Fiorentina in classifica ha 12 punti in più dell’anno scorso, è in semifinale di coppa Italia, ha vinto il girone di Conference League facendo meglio di una stagione fa: non ci dovrebbe essere tutta questa negatività. Ma c’è. Eccome se c’è. Non è difficile incontrare gente che, quasi tutti i giorni, ti chiede se è vero che Commisso sta vendendo, come mai non esonerano l’allenatore, sono buoni solo a comprare dei giocatori scartati da altri, questi dirigenti non sanno cos’è il calcio. E via così… Una situazione che, calcisticamente parlando, credo abbia pochi uguali. Cosa sta succedendo? Un altro psicodramma collettivo che va analizzato ed esorcizzato al più presto, un clima che, purtroppo, non si è rasserenato neppure dopo un vittoria fondamentale come quella di domenica. Contro il Frosinone, è vero. Ma fondamentale. Il momento era delicato, la Fiorentina era entrata in un gorgo calcistico che a volte porta a fondo. Io stesso, e le ve l’ho scritto, ero parecchio preoccupato da una assenza di gioco che andava avanti da oltre un mese, da alcune prestazioni negative, da una incapacità di essere la stessa squadra concentrata e determinata. Lecce è stato il punto più basso, c’era il rischio di far saltare tutto. In una settimana fatta di faccia a faccia interni, panni lavati dentro e fuori (Biraghi), vertici fra dirigenti e allenatore, colloqui infiniti fra l’allenatore e i giocatori, l’allenatore e il suo staff, l’intervento decisivo pubblico e privato di Commisso, la squadra s’è ritrovata. Brava la società, ma anche l’allenatore.

In campo con quattro punte

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Mi ero chiesto se questo gruppo non avesse perso le energie, se le pile non si fossero esaurite dopo due anni e mezzo vissuti al di sopra delle possibilità e del valore tecnico. Mi ero chiesto se non fosse il momento di provare un modulo più conservativo, se per ripartire non fosse giusto giocare un calcio più basico. Una strada più comoda. Italiano ha risposto da Italiano. Guardando in faccia le difficoltà, le ha affrontate con il coraggio che ha sempre avuto, è andato avanti per la sua strada, quella più difficile, ha fatto le sue scelte, anche di uomini, una sorta di “chi mi ama mi segua”, come avevo ipotizzato. E così la partita più difficile l’ha giocata come in pochissimi avrebbero fatto, quattro punte (Belotti, Nico, Ikoné e Beltran) per ripartire. Ha vinto lui. Ha dimostrato che lavorando per mesi è riuscito a far capire a Beltran cosa deve fare chi gioca dietro la punta nel 4-2-3-1, è riuscito a toccare le corde giuste di Ikoné, ha lanciato Belotti e rilanciato un Nico a sinistra che non sembrava ancora pronto. Rinunciando anche a quelli come Bonaventura che sembravano intoccabili e, evidentemente, intoccabili non sono più. Un bel segnale al gruppo che nelle ultime settimane deve essere stato attraversato da una bella burrasca, come ha fatto capire Biraghi. Oppure aveva perso le coordinate. L’importante è ripartire e la Fiorentina è ripartita. Ora si dovrà fare di più e di meglio, l’allenatore alla domanda “Ha ritrovato la sua squadra?”, non ha risposto sì, ma ni. Evidentemente il primo a sapere, con onestà, che il 5-1 con il Frosinone non può bastare, che c’è ancora molto da lavorare, è proprio lui. Ma la crisi è stata evitata, la Fiorentina ha imboccato il bivio della positività ben sapendo che a Bologna sarà molto più dura. Se non durissima. Aggiungo che, vedendo Belotti, ho la sensazione (e tocco ferro) che dopo cinque tentativi non riusciti (Piatek, Cabral, Jovic, Nzola e Beltran) finalmente la Fiorentina abbia trovato un centravanti capace di fare gol, ma anche di far girare tutta la manovra con i suoi spostamenti, rendere più semplici i meccanismi e facilitare il lavoro degli esterni. E’ uno specialista, ha segnato in carriera più di 140 gol, aveva solo bisogno di un rilancio e di nuovi stimoli, il senso della rete non si perde. Eppure anche sull’arrivo di Belotti è mancato l’entusiasmo. Fino all’estate scorsa lo invocavano tutti, ora che è arrivato è sembrato un ripiego. Per fortuna il campo è sovrano e sul campo Belotti ha risposto subito come ci si aspettava. E allora torno al discorso iniziale sugli incomprensibili malumori.


Un allenatore da difendere (e stimare)

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Ricomincio da Italiano che può stare simpatico o meno, può piacere o non piacere il suo calcio, ma se non si capisce e non si accetta che è stato il lavoro dell’allenatore a far crescere enormemente questo gruppo negli ultimi due anni e mezzo, credo ci sia poca onestà intellettual-calcistica. Non penso sia perfetto, ha commesso errori (Lecce punto più basso) e ne commetterà, ovvio, deve crescere ancora, ma è un allenatore di talento, fa crescere i giocatori, costruisce le squadre, è centrale per il gruppo e s’è visto, e questo gli va riconosciuto. Non fosse altro perché è l’allenatore della Fiorentina e tutto il calcio italiano ne parla benissimo, in tanti lo vorrebbero. Qui no. Qui viene messo in discussione e discutere nel calcio va bene. Ma dubitare delle sue qualità, sperare nell’esonero, pensare che senza di lui le finali si potevano vincere, è follia calcistica. Bene ha fatto Commisso, bene ha fatto la curva Fiesole a prendere posizione. In questo momento la rappresentazione più logica del tifo arriva proprio dalla Fiesole: la squadra in difficoltà va sostenuta, l’allenatore va irrobustito per dargli sostegno e coraggio. Attorno no, attorno invece c’è sempre quel clima malato che sinceramente non so dove porterà. Molta colpa è anche della narrazione che si fa di tutto quello che appartiene al mondo viola e lo dico perché è smaccatamente evidente. Noto che da parte di tanti c’è troppa voglia di una Fiorentina in crisi, l’auspicio, quasi la speranza. I cattivi rapporti personali di molti fra giornalisti, commentatori ed ex giocatori con questa proprietà, molto del mondo fiorentino, (non voglio sapere chi ha torto e chi ha ragione, è un’altra cosa) vengono trasportati davanti al computer, al microfono o negli studi televisivi che fanno da credibile cassa di risonanza perché la premessa è sempre la stessa “essere tifoso viola”, come se “essere tifoso viola” o “fiorentino vero”, potesse essere un lasciapassare o una patente di credibilità per dire qualsiasi cosa. Sono vecchio del mestiere e leggo bene fra le righe, ascolto, anche quando le cose sono positive la narrazione è che se ci fosse stato qualcun altro al posto di Commisso e dei suoi uomini, o di Italiano, le cose sarebbero andate meglio. Figuriamoci quando vanno male o sono andate male come nell’ultimo mese. Succedeva anche con i Della Valle, non è una novità.

A gennaio si poteva fare di più, ma...

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Proprio per questo mi chiedo se non sia arrivato il momento di andare oltre per cercare analisi più serene. Anche dure, quando serve. Ma super partes. Credibili. E calcistiche. E questo lo devono fare i tifosi veri, quelli che possono urlare a ragione “noi siamo tifosi”, perchè ragionano solo con il cuore e non per convenienza. Non è possibile che una squadra che comunque sta facendo bene, che negli anni è cresciuta, reduce da due finali, che ha fatto un 2023 per le statistiche, come rendimento, per le partite giocate, fra le prime in Europa, non sia apprezzata e sostenuta come meriterebbe. Si salva solo il Popolo Viola del Franchi, con la sua carica, la spinta della Fiesole, ma tutto il resto è inspiegabile e produce aspettative irrealistiche perchè la Fiorentina è comunque economicamente lontana da tante realtà italiane più forti. Tutte cose che appena fuori dall’Osmannoro sono riconosciute e percepite, gli addetti ai lavori, i media esaltano il lavoro di Italiano, ne sottolineano i meriti. A Firenze no, solo negatività. Anche la narrazione del recente mercato è stata fuorviante e “drogata”. Anch’io mi sarei aspettato un esterno il 2 gennaio perché in quel momento ne mancavano tre e c’era bisogno. Anch’io avrei preso Gudmundsson, ma descrivere come disastroso il mercato viola non è corretto. Non hanno comprato alcuni giocatori proposti (i nomi non li ricordate neppure) perché non li ritenevano pronti subito. Quindi inutili. Traoré ha contratto la malaria, vedete che anche nel Napoli non gioca, non è in forma e la Fiorentina voleva giocatori pronti. Giustamente. Avreste preso Ngonge a 20 milioni? Io no. Avreste preso Godmundsson a 40? Dico ancora no. Ma poi il Genoa non l’ha voluto vendere. Fine. Si poteva fare di più? Forse sì. Ma non parlare bene di Belotti invocato da mesi, dire che era una riserva della Roma, che è finito, quasi banalizzando l’acquisto, è un’altra cosa sulla quale riflettere. Dico tutto questo non per Commisso o i suoi manager che in alcune occasioni hanno sbagliato a porsi, dovevano essere più diplomatici, ma perchè questo clima non giova alla Fiorentina e a Firenze. Spero solo che il tifoso riesca a capire quale è la strada migliore o la cosa sulla quale credere, per il bene della squadra. Solo per questo. Le critiche siano le benvenute, aiutano a crescere. Sparare nel mucchio cercando vendette più o meno evidenti è inaccettabile.

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