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DELLE DUE... NESSUNA

Tra Italiano e Fabregas c’è chi non raccoglie oggi né semina per domani

Italiano Fabregas
Il ritorno de L'Imbucata di Matteo Magrini su Violanews
Matteo Magrini

Dov'eravamo rimasti? Era febbraio, e a Sanremo stava per rivelarsi Lucio Corsi. Quello che “voleva essere un duro” e pensandoci oggi, tre mesi dopo, un po' vien da sorridere. Sorrisi amari s'intende, perché in 90 giorni da queste parti è cambiato praticamente tutto e chi voleva fare il duro si ritrova, salvo miracoli (nel calcio mai dire mai) a fare i conti con una tristissima realtà. Fuori dalla Conference e (quasi) fuori dall'Europa, lasciando da parte un'eliminazione dalla Coppa Italia che tutti hanno giustamente ignorato. Roba dura, questa si. Durissima.

Non è comunque il tempo, anche se manca pochissimo, di fare bilanci definitivi. Perché c'è ancora uno spiraglio che può (ri)portare in Europa e prima di lanciarsi in voti o sentenze è giusto aspettare. Certo, qualcosa si può dire. Anche più di qualcosa. Si può dire, per esempio, che in una stagione intera non si è mai vista una vera identità. O forse pensate che sia un caso l'andamento da montagne russe che ha caratterizzato tutta l'annata? O filotti “esaltanti”, o tunnel che nemmeno il traforo del Monte Bianco. Tutto normale, se l'unica (o quasi) idea sulla quale hai costruito il tuo progetto è il rendimento dei singoli. Nulla di strano, per carità, né di nuovo. Palladino non è stato il primo e non sarà l'ultimo anche se la sua è una “specie” ormai quasi in via di estinzione. Perché il calcio, come la vita, va avanti. Ed opporsi al cambiamento è e sarà sempre una battaglia a perdere. Puoi sopravvivere, per un po', ma prima o poi verrai spazzato via. Lo dicevano gli Scorpions, no? “The future´s in the air, I can feel it everywhere, Blowing with the wind of change”.


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Al di là dell'oggi

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Torniamo sulla terra però, ma terra terra, e ad una Fiorentina che, dicevamo, ha vissuto di alti e bassi. In “balìa” non delle onde, ma del rendimento dei suoi campioni. Finché De Gea parava, tutto bene, finché Kean la buttava dentro, nessun problema. E poi qualche inzuccata di Gosens su calcio da fermo, qualche giocatona di Mandragora (solo applausi, per quanto ha saputo crescere) e poco, pochissimo altro. Ovvio, quindi, che ad ogni calo di rendimento dei singoli sia corrisposto un crollo collettivo. E' la risposta a chi crede che il gioco, l'organizzazione, l'identità (per farla breve, gli allenatori) contino poco o nulla. Non è così, e non ci lanciamo in paralleli o paragoni con chi sta per tornare da ex per carità di patria. Possiamo parlare del Como, per esempio. Una squadra che al contrario della Fiorentina ha numeri nettamente superiori alla classifica che ha. E' nelle prime quattro o cinque praticamente in tutti i parametri: occasioni create, occasioni concesse, palle recuperate, efficacia del pressing, dominio territoriale. Stesso discorso per il Bologna (primo o secondo in tutte queste classifiche) mentre i viola, fin dall'inizio della stagione, hanno raccolto nettamente più di quanto seminato. Poteva durare all'infinito? Ovviamente no. O meglio. Magari succede, ma molto di rado. E infatti: il Bologna ha scalato la classifica e ha vinto una Coppa Italia e il Como viene da sei vittorie di fila, di cui cinque senza subire reti.

Tutto questo si può riassumere in una risposta (meravigliosa) data da Fabregas la settimana scorsa al Club di Fabio Caressa. “Non pensi che il Barcellona abbia esagerato con l'Inter? Stava vincendo, perché continuare ad attaccare?”. “Beh, l'allenatore ti potrebbe dire che con quella mentalità sta vincendo (ha vinto poi qualche giorno dopo, ndr) una Liga, ha vinto una Copa del Rey ed è arrivato ad un secondo dalla finale di Champions”. Capito? Sta tutto qua, e pian piano (ma molto piano, purtroppo) forse ci arriveremo anche in Italia: bisogna riuscire ad andare oltre al risultato di oggi, ora e subito, e provare a ragionare guardando un po' più in la e un po' più a fondo. Perdo una partita? Pazienza, se questo significa proseguire nella costruzione di qualcosa di più grande e duraturo. Utopia, forse, eppure qualcuno ci riesce. 

Come con Iachini?

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Certo, si può anche riuscire nell'impresa di costruire poco o nulla in prospettiva e perdere pure nell'immediato. E' quello che sta accadendo a questa Fiorentina. Una squadra che deve sperare in un miracolo per centrare l'obiettivo minimo (ma proprio minimo minimo) di far meglio almeno in campionato rispetto al recente passato e che, allo stesso tempo, non ha idea di quello che sarà domani. E sia chiaro. Non è solo responsabilità di Palladino. Perché è verissimo che lui ci ha messo pochissimo (o tantissimo?) del suo, ma sarebbe sbagliato tralasciare il resto. Il riferimento, va da sé, è alla valanga di questioni (leggasi prestiti) da risolvere. Lo dicemmo subito, valutando lo scorso mercato. “Se si pensa all'immediato non si può che darne una valutazione positiva, altro discorso se si parla di programmazione”. Ecco. Quel nodo, ora, sta venendo al pettine. Si dirà: però è stato rinnovato il contratto al mister. Giustissimo e, considerazioni personali a parte, da quel punto di vista non si potrebbe che considerarla una scelta “di calcio”, come dicono quelli bravi. Peccato che, esattamente come avvenne per la prima conferma di Beppe Iachini, si è trattato di una decisione presa dal presidente, a totale insaputa di chi, con l'allenatore, deve lavorare e confrontarsi quotidianamente. Com'è andata, l'altra volta si sa e anche se speriamo vivamente che la storia non si ripeta di certo possiamo dire fin da ora che non è questo il modo di mettere in piedi un percorso non voglio dire vincente, ma almeno virtuoso.

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Mi fermo qua, e anzi mi scuso per essermi dilungato tanto. Ma che ci volete fare, dopo tre mesi senza scrivere avevo voglia/bisogno di sfogarmi. A proposito. Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente la famiglia di Violanews che mi ha aspettato, così come tutti quelli che mi hanno scritto o hanno chiesto come stavo. E' stata brutta, pericolosa e durissima ma, se son di nuovo qua ad abusare della vostra pazienza, vuol dire che alla fine è andata (abbastanza) bene. Di sicuro ho avuto modo di guardare (e perché no, studiare) tanto calcio e, se ne avrete voglia, ne parleremo e discuteremo insieme (anche) su queste pagine.