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Svolta o illusione. Qualcosa sembra davvero cambiato, ma servono altre conferme

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Il punto interrogativo: è questo lo “stile” giusto per la Fiorentina? Oppure si tratta di un abito buono per ripararsi dal “temporale” ma non per andare davvero all'attacco delle zone che valgono l'Europa?
Matteo Magrini

Tu chiamale, se vuoi, impressioni. È bastata una (grande) vittoria e improvvisamente, sulla Fiorentina, ha iniziato a splendere un solo quasi abbagliante. Eppure fino a qualche giorno prima, la stessa squadra, era circondata da nuvoloni carichi di dubbi, tensioni e preoccupazioni. Ricordate la gara col New Saints no? Una prestazione a dir poco discutibile: pochissime idee (e confuse), andamento lento, risposte sostanzialmente nulle dalle seconde linee e quell'impressione (comune alle altre partite di questo avvio di stagione) di avere davanti una formazione che non sapesse ancora chi fosse e, soprattutto, cose volesse.

Poi, all'improvviso, la svolta. Certo, dirà qualcuno, qualcosa si era già visto nel secondo tempo del match con la Lazio. Vero, ma soltanto a metà. Niente a che vedere comunque di quanto ammirato nella sfida col Milan. È stato (solo) in quei 90', e per certi versi nei primi 45 della gara con l'Atalanta, che la formazione di Palladino ha offerto un'immagine chiara e ben definita di se stessa. Blocco abbastanza basso, linee compatte, attesa, e ripartenze alla massima velocità possibile. Una filosofia completamente opposta rispetto a quella alla quale ci eravamo abituati negli ultimi tre anni ma che, ovviamente, è altrettanto rispettabile. Del resto, si sa: non esiste una sola strada per vincere. L'importante, tanto per restare ai viola, è individuare quella migliore per la propria squadra.


È questo, quindi, il punto interrogativo: è questo lo “stile” giusto per la Fiorentina? Oppure si tratta di un abito buono per ripararsi dal “temporale” ma non per andare davvero all'attacco delle zone che valgono l'Europa? Di sicuro, per quanto visto fino ad ora, quel modo di giocare non ha pagato quando si è trattato di affrontare squadre che, a loro volta, si son chiuse per poi colpire in contropiede. Una sentenza? Assolutamente no. Può darsi, tanto per fare un'ipotesi, che col crescere della condizione fisica (sia individuale che complessiva) i ritmi aumentino e che, quindi, Kean e compagni riescano ad essere efficaci anche contro quel tipo di avversari.

In fondo, non bisognerà aspettare molto per iniziare ad avere qualche risposta. Già contro il Lecce infatti, si capirà se la Fiorentina ha davvero trovato la propria identità e, più che altro, se con quella può pensare (come da obiettivo dichiarato) di tentare la qualificazione alla prossima Europa League. La mia impressione, almeno per quanto visto fino ad ora, è che rispetto agli scorsi anni questa squadra sia molto più legata al rendimento dei singoli che non al gioco. Normale, quando si hanno individualità del livello di De Gea, Gudmundsson e Kean. Gente che con una parata, o una giocata, può ribaltare l'andamento di una partita e, perché no, di una stagione.

E così torniamo al punto di partenza. A quelle impressioni nate dopo la bellissima vittoria sul Milan e supportate anche dalle varie dichiarazioni ascoltate in questi giorni. Tutti, da Palladino ai calciatori, si sono detti entusiasti e convinti di poter sul serio puntare in alto. Non solo parole, però. Perché contro i rossoneri si è visto anche uno spirito totalmente diverso: fame, cattiveria, voglia di fare. Un caso, o si è trattato davvero di svolta? La sensazione, come detto, è che almeno sul piano psicologico qualcosa sia cambiato sul serio. Al campo, adesso, il compito di dirci se si sia trattato di un'illusione o di qualcosa di molto più concreto.

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