LEGGI ANCHE
È questo, quindi, il punto interrogativo: è questo lo “stile” giusto per la Fiorentina? Oppure si tratta di un abito buono per ripararsi dal “temporale” ma non per andare davvero all'attacco delle zone che valgono l'Europa? Di sicuro, per quanto visto fino ad ora, quel modo di giocare non ha pagato quando si è trattato di affrontare squadre che, a loro volta, si son chiuse per poi colpire in contropiede. Una sentenza? Assolutamente no. Può darsi, tanto per fare un'ipotesi, che col crescere della condizione fisica (sia individuale che complessiva) i ritmi aumentino e che, quindi, Kean e compagni riescano ad essere efficaci anche contro quel tipo di avversari.
In fondo, non bisognerà aspettare molto per iniziare ad avere qualche risposta. Già contro il Lecce infatti, si capirà se la Fiorentina ha davvero trovato la propria identità e, più che altro, se con quella può pensare (come da obiettivo dichiarato) di tentare la qualificazione alla prossima Europa League. La mia impressione, almeno per quanto visto fino ad ora, è che rispetto agli scorsi anni questa squadra sia molto più legata al rendimento dei singoli che non al gioco. Normale, quando si hanno individualità del livello di De Gea, Gudmundsson e Kean. Gente che con una parata, o una giocata, può ribaltare l'andamento di una partita e, perché no, di una stagione.
E così torniamo al punto di partenza. A quelle impressioni nate dopo la bellissima vittoria sul Milan e supportate anche dalle varie dichiarazioni ascoltate in questi giorni. Tutti, da Palladino ai calciatori, si sono detti entusiasti e convinti di poter sul serio puntare in alto. Non solo parole, però. Perché contro i rossoneri si è visto anche uno spirito totalmente diverso: fame, cattiveria, voglia di fare. Un caso, o si è trattato davvero di svolta? La sensazione, come detto, è che almeno sul piano psicologico qualcosa sia cambiato sul serio. Al campo, adesso, il compito di dirci se si sia trattato di un'illusione o di qualcosa di molto più concreto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA