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L'imbucata

Rendersi conto di essere in crisi è il primo passo, ma Palladino va aiutato

Palladino magrini
Dopo la cocente sconfitta di Monza qualche riflessione sul comportamento della squadra è d'obbligo. Negare l'evidenza sarebbe controproducente
Matteo Magrini

“Stato di forte perturbazione nella vita di un individuo o di un gruppo di individui, con effetti più o meno gravi”. In una parola: crisi. Piaccia o no, e chi vuol bene davvero alla Fiorentina sa che è così, questa è, la verità. Una crisi vera, profonda, seria, preoccupante. Non improvvisa, però. Certo, si può (e soprattutto si poteva) far finta o illudersi o esser sul serio convinti (per carità) che fino alla sconfitta di Bologna funzionasse tutto alla grande. Del resto, se il portiere para e il centravanti segna, se la squadra vince con un tiro in porta a partita, se si supera il Cagliari passando 45' a difesa della propria area di rigori, son tutti segnali positivi. Vuol dire che c'è la mentalità giusta, si sentiva dire. La realtà, almeno dal mio punto di vista, era ed è leggermente diversa.

Sia chiaro. In quel filotto di vittorie consecutive c'era (ovviamente) tanto di positivo e alcune di quelle considerazioni di cui sopra erano sicuramente corrette. Il gruppo era affamato, godeva nel difendere e nel chiudere le partite a porta inviolata, esultava per un intervento in chiusura come per un gol fatto. Tutti aspetti da accogliere con soddisfazione, e ci mancherebbe. Il problema, e da queste pagine di violanews abbiamo a lungo provato a farlo notare, è se ci si ferma lì. Se, tanto per esser molto chiari, si pensa e si crede di poter costruire un progetto vincente poggiandosi solo e soltanto su quello: sulla voglia di rivalsa (e quindi sulle motivazioni) e sulle qualità individuali. Tutto bellissimo, e l'abbiamo detto e sottolineato, ma non sufficiente.


I nodi venuti al pettine

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E così, pian piano, i nodi son venuti al pettine. I motivi? Più d'uno, anche se ovviamente tutti si tengono insieme. Prendiamo la gestione del gruppo. Quante volte abbiam fatto notare che spaccarlo a metà (11/12 giocano in campionato, gli altri la Conference) era un rischio enorme? Quello che ne è venuto fuori (nonostante nelle ultime gare di coppa Palladino abbia leggermente cambiato approccio) è sotto gli occhi di tutti. Un mare di scontenti (“chi ha mal di pancia ce lo venga a dire...”) e tanti (quasi tutti per la verità) titolari con la lingua a terra. Cataldi arranca da settimane tra panchine e mancate convocazioni, Adli va piano non solo di gambe ma (adesso) anche di pensiero, Gosens è irriconoscibile, Kean è ovviamente meno devastante, Dodò idem, Comuzzo e Ranieri collezionano errori e distrazioni. Errori di gestione appunto, che erano assolutamente ipotizzabili. Perché Palladino ha iniziato l'altro ieri ad allenare, è alla prima esperienza in una piazza del genere e col doppio impegno, ed è normale che debba passare attraverso questi momenti per crescere. Basta esserne coscienti, senza che farlo notare voglia dire volergli fare la guerra.

Il dovere di essere chiari

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Chi vuole il bene della Fiorentina infatti (si torna sempre lì) ha il dovere (come un amico vero) di far notare quello che non va. Si chiama critica costruttiva, ed è quanto di più utile possa esserci in momenti del genere. Certo, ai dirigenti invece (come ai tifosi) spetta un compito diverso. E qua veniamo alle (durissime) parole di Daniele Pradè. Non le prime, per la verità. Ricordate, no? A inizio stagione fece presente come si potesse “giocare anche a quattro” mentre dopo il Napoli ha parlato apertamente di “suicidio”. La sensazione insomma, è che il diesse viva non sempre con la massima condivisione possibile le scelte dell'allenatore. Chissà. Magari è un'impressione sbagliatissima. Sta a lui (e a tutta la società, a partire dal presidente) dimostrarlo. In situazioni del genere infatti non ci sono mezze misure. O si sta con l'allenatore, e quindi lo si difende da tutto e tutti o ci si assume la responsabilità di cambiare.

Non ci sono alternative. O di qua, o di là. Difenderlo vuol dire andare nello spogliatoio, dire chiaramente che lui è il mister e che con lui si andrà avanti e, magari, “tagliare” i rami secchi. Traduzione: mandar via (se ci si riesce) chi, tanto per tornare a parole usate lunedì, chi “ha mal di pancia”. Se invece si pensa che il gruppo ormai va da un'altra parte (ma dal Viola Park assicurano che non sia così) e che il tecnico non sia in grado di riprendere in mano il timone e di rimettere ka barra a dritta allora non si perda tanto tempo, e si cambi.

Esonero? No, può ancora sistemare le cose

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Personalmente, guardando la classifica, credo che esonerare oggi Palladino sarebbe contro ogni logica e che sia giusto dargli ancora (come qualche mese fa) la possibilità di sistemare le cose. Lui però, deve dimostrare la stessa intelligenza mostrata in quel caso. Possibile, per fare un esempio, che non si sia accorto che questa squadra, almeno in questo momento, con due mediani non sia in grado di reggere più di 20'? Possibile che non abbia capito che bisogna “avvicinare” il baricentro a Kean? Possibile gestire in questo modo Gudmundsson? Che senso ha, se non per metterlo nel mirino come primo responsabile, farlo giocare per poi toglierlo dopo 45'? Non è così, che si recupera un giocatore. Certo, lui (Gud) deve fare molto ma molto di più. Ma tanto di più. Anche qua, serve probabilmente l'intervento del club.

L'importante, dopo aver fatto finta di avere la squadra più forte del mondo e di avere un nuovo profeta in panchina, è essersi resi conto della realtà. Bastava, come sempre, mantenere un po' di equilibrio. Il gruppo è buono, in qualche individualità molto buono, e l'allenatore è sicuramente un buon allenatore. Di fenomeni però, non ce n'erano e non ce ne sono. E invece per tanto tempo si è buttata la polvere sotto al tappeto e quella polvere, oggi, ha invaso la casa. Si può far pulizia? Sicuramente sì. Ma farla tutta insieme, si sa, è sempre parecchio più faticoso.

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