Arbitri e tecnologia
—Punto secondo: gli arbitri. O meglio. Il Var e il magico mondo che lo circonda. Ora, detto che non serviva certo il replay o chissà quale telecamera per rendersi conto che quel pallone dal quale è poi nato l'angolo dell'1-0 era uscito, possibile che in un calcio nel quale (quando si vuole e quando fa comodo) domina la tecnologia possa ancora esser permesso di falsare in questo modo l'andamento di una partita? Si annullano gol per un chicco di forfora in fuorigioco, si fischiano rigorini ridicoli (tipo quello concesso alla Fiorentina a San Siro, tanto perché a noi piace essere onesti) e poi si lascia correre su episodi del genere? “E' il protocollo, dicono”. No, rispondo io, è la stupidità e l'ottusità di chi non vuol far prevalere decenza e buonsenso. Servirà lo scandalo di lunedì per cambiare qualcosa? Ce lo auguriamo, ma non ci speriamo.
E adesso il campo
—Resta da parlare del campo e, più che altro, della prova della Fiorentina. Voglio partire da due definizioni. Questa per iniziare: la parola “meritocrazia” è l’unione del latino merēre, merĕor ("guadagnare", "farsi pagare") e del greco kratos ("potere"). E' dunque, letteralmente, il potere del merito, cioè il principio di organizzazione sociale che fonda ogni forma di promozione e di assegnazione di potere esclusivamente sul merito. E poi questa: riconoscente è "colui che riconosce il beneficio ricevuto e ne conserva memoria, mostrando di apprezzarlo e di volerlo, all’occasione, ricambiare". Secondo voi, chi guida una squadra di calcio di serie A, quale di questi due principi dovrebbe seguire quando decide chi mandare in campo? Per me, la risposta è ovvia. In campo deve andare sempre la formazione che si ritiene migliore per vincere quella partita tenendo ovviamente conto di forze, energie, situazioni e, quindi, delle giuste logiche di rotazione. Per intendersi: Palladino a San Siro aveva tutto il diritto di far giocare gli stessi undici che avevano fatto l'impresa ma quando parla di “meritocrazia” non convince. Semmai, stando a quanto ha raccontato lui stesso, ha scelto per “riconoscenza”. E se il criterio è stato quello (“Mi sono chiesto se fosse giusto cambiare ma era giusto premiare chi giovedì era stato straordinario” ha detto il mister) vuol dire che lui stesso (e sarebbe come minimo curioso) aveva dei seri dubbi sul fatto che potessero replicare quel tipo di gara.
Qual è la filosofia?
—Del resto, e nello specifico su atteggiamento e filosofia di “gioco”, potremmo stare a discutere per ore. E se è sicuramente vero che i risultati stanno premiando la Fiorentina io resto convinto che alla lunga “giocare” come a Milano non porta lontano. Lo ribadisco per l'ennesima volta: non esiste una sola strada per arrivare alla vittoria e va benissimo lasciare il pallone agli altri per poi colpire in velocità. Rinunciare completamente a giocare però, tenendo la linea schiacciata davanti alla propria area, è un'altra cosa. Lo stesso Palladino ripete dopo ogni situazione di quel genere che “la squadra si è abbassata troppo”, che “non è quello il modo che ama per vincere le partite” eppure, i viola, lo ripropongono quasi ogni volta. Delle due, l'una: o non va fiero del gioco che propone, o la squadra (e sinceramente credo proprio che non sia così) non lo ascolta. Alla fine forse, e non ci sarebbe niente di male ripeto, basterebbe fare alla Allegri. Presentarsi davanti ai microfoni, e dire a tutti che “l'obiettivo è vincere le partite. Punto”. Alla fine comunque qualcosa di diverso si è visto e sono quei 20 minuti che io voglio portarmi dietro. Venti minuti di qualità (ah, come imbuca Fagioli...), personalità, coraggio e capacità di tenere il pallone. Senza perdere l'equilibrio, ma mostrando una “faccia” molto più bella di sé. La Fiorentina, anche grazie al mercato, può farlo. Si è (intra)visto a San Siro, e siamo curiosi di capire se lo farà anche in futuro.
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